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La tragedia del Vajont

50 anni, troppo pochi per dimenticare il Vajont
di Andrea Ferraretto

Vajont, un nome che evoca una tragedia, una delle peggiori accadute in Italia. 1.910 vittime, interi paesi cancellati da una massa di acqua, fango e rocce la notte del 9 ottobre 1963.
Un disastro definito “evitabile” perché provocato dall’uomo, da un progetto sbagliato che, nonostante avvertimenti e perizie, si decise di portare a termine solo per giustificare l’investimento fatto e la necessità di produrre energia elettrica.
Avvenne 50 anni fa, in un’Italia diversa da quella attuale, dove ancora si sentiva il peso della distruzione economica e civile dovuta alla guerra, dove le comunità montane venivano considerate un intralcio per lo sviluppo e il progresso. Un’Italia ancora poco attenta, dove le notizie circolavano con difficoltà e l’esigenza principale era far ripartire l’industria e la produzione.
Gli allarmi di geologi e ingegneri non furono ascoltati e lo Stato assistette distratto alla costruzione di un bacino idroelettrico sbagliato nel posto sbagliato: c’era la convinzione che la tecnica e la potenza del cemento potessero governare la natura e addomesticare la montagna e la sua frana.

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