All’Opac il premio Nobel per la Pace
Quanto pronosticato da alcuni alla vigilia è stato confermato. L’Opac, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opwc, in inglese), era infatti considerato – assieme alla sedicenne pachistana, Malala Yousafzai – uno dei favoriti per la vittoria del premio Nobel per la Pace 2013.
La scelta dell’Accademia di Oslo è quindi ricaduta, per il secondo anno consecutivo (nel 2012 – ricordiamo – il premio fu assegnato all’Unione europea) e per la 22esima volta nella storia, su un’organizzazione. L’Opac, spiega il Comitato per il Nobel, rende con il suo lavoro “l’uso delle armi chimiche è un tabù”.
Nata nell’aprile del 1997, l’Opac è infatti un’organizzazione internazionale con sede a L’Aia e il cui scopo è quello di far rispettare la Convenzione sulle armi chimiche (CWC), firmata nel 1993 e entrata in vigore proprio nel 1997.
Nel corso degli anni, l’attività dell’Opac ha permesso la distruzione di 57 mila tonnellate di armi chimiche, in gran parte appartenenti agli Stati Uniti e alla Russia. Ha condotto oltre 5mila ispezioni in 86 paesi. Ad oggi vi aderiscono 189 Stati, che lavorano insieme per prevenire che le armi chimiche non siano mai più utilizzate in guerra, rafforzando in tal modo la sicurezza tra le nazioni.
Dal 28 settembre scorso, l’Opac ha ricevuto l’incarico di sovraintendere le operazioni di smaltimento dell’arsenale chimico in dotazione alle forze armate del regime siriano di Bashar al Assad. Operazioni condotte con la partecipazione di esponenti dell’Onu (i quali si occuperanno di coordinare l’aspetto strategico, di garantire le misure di sicurezza necessarie, della logistica, delle comunicazioni e dell’amministrazione) e che dovranno concludersi entro il 30 giugno del 2014.
Un team di 100 ispettori Opac-Onu, guidato dallo svedese Ake Sellstrom, è giunto sul territorio siriano il 1° ottobre. Da qui al 1° novembre dovranno provvedere alla distruzione di tutti gli impianti di produzioni delle armi chimiche. Mentre dal primo novembre prenderà il via la fase più difficile dell’intera operazione: la distruzione degli arsenali siriani, che – secondo le stime in possesso dell’Onu – sono composti da una riserva di oltre mille tonnellate di armi non convenzionali (tra cui gas sarin e iprite) distribuite in almeno 45 località.
Ma l’assegnazione del premio Nobel all’Opac non è fine a se stessa. E’ anche un monito – spiegano da Oslo – per tutti quei Paesi (Angola, Corea del Nord, Egitto, Israele, Myanmar e Sud Sudan) che non hanno ancora ratificato il trattato di non proliferazione delle armi chimiche e anche per tutte quelle Nazioni (Stati Uniti e Russia) che non hanno smantellato i loro arsenali. Operazioni di smaltimento che – è bene ricordare – si sarebbero dovute concludere nell’aprile del 2012.