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Thohir e gli altri. Chi investe nel calcio

di Mirko Spadoni

erick_thohirL’annuncio in via ufficiosa lo ha dato lui, Massimo Moratti, che dell’Inter ne è stato il presidente per molti anni: il magnate Erick Thohir sarà il nuovo proprietario del club nerazzurro. Ma il 43enne indonesiano, che ha acquistato le quote di maggioranza dell’Inter, pari al 70% delle azioni totali (ovvero per un esborso vicino a 250 milioni di euro), non è l’unico imprenditore straniero che ha deciso di investire nelle società di calcio italiane. Nel 1998, il Vicenza Calcio venne acquistato dalla società inglese ENIC, una società finanziaria nel campo del petrolio.
In tempi più recenti, è stato il turno della Roma. Il 69% delle azioni del club capitolino appartiene infatti ad una cordata di imprenditori statunitensi rappresentati da James Pallotta, i quali vantano partecipazioni nella squadra di basket di Boston, i Celtics. Ma c’è anche il caso dell’Unione sportiva Venezia, che nel febbraio del 2011 è stata acquistata da una cordata russa, guidata dall’immobiliarista Yuri Korablin.
Thohir, che ha compiuto 43 anni il 30 maggio scorso e possiede anche una quota dei Philadelphia 76ers ed è il proprietario di maggioranza della squadra di calcio di Washington, i Dc United, non è il primo presidente straniero che arriva in Italia. Ma da oggi, Thohir dovrà affrontare spese diverse da quelle richieste negli States. Per inciso: il valore complessivo dei 29 giocatori della rosa dei Dc United si aggira attorno ai 6,7 milioni di euro (fonte: transfermarkt.it).
Vedremo quali saranno le intenzioni del 43enne indonesiano. Vedremo più in là se avrà voglia di investire ingenti quantità di denaro nel suo nuovo club o se invece punterà ad una gestione parsimoniosa. Vedremo. Così come vedremo se Thohir e gli americani guidati da Pallotta saranno i pionieri di una nuova era, quella degli investimenti stranieri nel calcio italiano. Così come accade in molti tornei esteri. Perché se guardiamo altrove, nel resto d’Europa ad esempio, è possibile notare evidenti differenze con l’Italia: in molti campionati del Vecchio Continente la presenza di investitori stranieri è piuttosto frequente e – il più delle volte – non passa neanche inosservata.
Solo in Inghilterra le due squadre di Manchester (il City e lo United) sono nelle mani di due proprietari stranieri. I primi sono stati acquistati dal settembre del 2008, da Mansur bin Zayd Al Nahyan, uno dei figli dello shaykh Zayed bin Sultan Al Nahyan e fondatore della Abu Dhabi United Group for Development and Investement. Nel giro di pochi anni, grazie agli investimenti faraonici di Mansur (nel calciomercato estivo del 2009, furono spesi ben 140 milioni di euro per acquistare Gareth Barry, Roque Santa Cruz, Carlos Tévez, Emmanuel Adebayor, Kolo Touré e Joleon Lescott, nella stagione successiva fu acquistato per una cifra vicina ai 30 milioni di euro David Silva dal Valencia, per circa 18 milioni Aleksandar Kolarov dalla Lazio, per 28 milioni di euro Mario Balotelli dall’Inter, per 30 milioni Yaya Touré dal Barcellona) i Citizens sono tornati a vincere, facendo loro la FA Cup nel 2010-2011 e la Premier League l’anno successivo.
I qatarioti sono quindi riusciti a portare il Mancity di nuovo alla ribalta, cosa che non riuscì al precedente proprietario: l’ex primo ministro thailandese Thaksin Shinawatra, che investì ingenti somme di denaro senza ottenere i risultati sperati. Sotto la sua gestione arrivarono a Manchester giocatori come Elano (pagato 11 milioni di euro), Rolando Bianchi (acquistato dalla Regina per 13 milioni) e Bojinov, che arrivò dalla Fiorentina per 8 milioni di euro. Eppure, nonostante i molti soldi investiti, Shinawatra fu costretto a lasciare la guida del club per via di diversi scandali politici che lo videro coinvolto nel suo paese di origine.
Il Manchester United è invece nelle mani dello statunitense Malcolm Glazer. Il passaggio dal alla proprietà americana fu osteggiata da molti tifosi dei reds, che – in segno di protesta – decisero poi di fondare un club tutto loro: il Fc United of Manchester. Ma all’estero, gli imprenditori non esitano ad investire in club – storicamente – meno blasonati come il Cardiff City F.C. La società gallese stata infatti acquistata dal malese Datuk Chan Tien Ghee.
Situazioni simili si sono verificate anche in Francia, dove nel 2011 la Qatar Investement Authority e Nasser Ghanim Al-Khelaïfi hanno acquistato – diventandone di fatto l’azionista di maggioranza – il 70% delle azioni del Paris Saint Germain. La disponibilità economica di Al-Khelaïfi sono – eufemisticamente parlando – notevoli e gli permettono di acquistare un solo giocatore (Javier Pastore, per l’esattezza) pagando ben 43 milioni di euro o di sborsare ben 14 milioni all’anno per assicurarsi le prestazioni dell’attaccante svedese, Zlatan Ibrahimović. Eppure l’avvento sotto la Tour Eiffel degli sceicchi non ha portato con sé solo spese, ma anche guadagni milionari: basti pensare che la Fly Emirates, main sponsor dei transalpini sino alla stagione 2018-‘19, che – per avere il proprio nome stampato in bella mostra sulle maglie dei parigini – sborsa la bellezza di 25 milioni di euro l’anno.
C’è poi il caso del Monaco, acquistato nel dicembre del 2011 dal magnate russo Dmitrij Rybolovlev. Anche nel principato monegasco, la situazione non è poi così diversa da quella del club parigino. Rybolovlev ha infatti investito molto: solo nella sua ultima campagna acquisti, ha sborsato ben 130 milioni per convincere Falcao (pagato sessanta milioni), Rodriguez (acquistato per 45 milioni di euro) e Moutinho (25 milioni) a vestire la maglia della squadra del principato di Monaco. C’è infine il caso spagnolo del Malaga. Il club fu acquistato per 36 milioni di euro nel giugno del 2010 da Abdullah bin Nasser bin Abdullah Al Ahmed Al Thani, che – dopo aver investito molto per acquistare Júlio Baptista, Enzo Maresca, Martin Demichelis, Ruud van Nistelrooy e Joris Mathijsen dall’Amburgo, Joaquín e Isco, Nacho Monreal, Cazorla, Diego Buonanotte e Jérémy Toulalan per una spesa complessiva di 85 milioni di euro – ha espresso il desiderio di abbandonare la società. Desiderio che non è ancora stato esaudito. Nessun imprenditore si è presentato per rilevare il club andaluso.

 

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