La crisi delle edicole (e dell’editoria)
Il fenomeno è in atto da diverso tempo: dal 2005 ad oggi le edicole costrette a chiudere i battenti sono state infatti 12 mila. Eppure – complice la recessione economica – questo stesso fenomeno potrebbe subire una brusca accelerazione: sono circa 10 mila le edicole, che rischiano di chiudere da qui ai prossimi tre anni. Questo è quanto rileva il sindacato Fenagi-Confesercenti, secondo cui è necessario scongiurare l’aumento dell’Iva sui prodotti editoriali dal 4% attuale al 22%. Il pericolo, secondo il presidente dell’associazione Giovanni Lorenzetti, è che la rete di vendita scompaia “prima della carta stampata”. “Mettendo a rischio un servizio essenziale, soprattutto in un Paese come l’Italia, dove il digital divide è ancora ampio“, spiega Lorenzetti.
E per il 2013, le previsioni non sembrano essere così tanto rosee: gli operatori del settore parlano di circa un miliardo di euro in meno di entrate.
Nel 2005, erano presenti sul territorio italiano ben 42 mila punti vendita (di questi il 71% era composto da chioschi e negozi promiscui, ovvero la rete di diffusione tradizionale prima della liberalizzazione del 2001). Il restante 29% era costituito da tabaccherie, bar, supermercati e distributori di benzina.
Oggi la situazione è estremamente diversa (i punti vendita sono 30 mila) e rischia di aggravarsi ulteriormente (se nulla dovesse cambiare – entro il 2016 – circa 10 mila edicole saranno infatti costrette a chiudere, bruciando così secondo ben 20 mila posti di lavoro (stime Sinagi-Cgil).
Ma se i punti vendita si riducono sensibilmente, molto è dovuto al comportamento dei lettori italiani. L’acquisto di quotidiani e riviste ha subito un ulteriore calo tra il 2011 (-9,5%) e il 2012 (-6,6%). Nel 2012, riferisce l’Istat, un italiano su due (il 52,1%, precisamente) aveva dichiarato di leggere il giornale almeno una volta alla settimana. Solo un terzo degli italiani (il 36,7%) legge i quotidiani almeno cinque giorni su sette.