Sono quasi quattro milioni i neet in Italia
Sono tre milioni 755 mila i giovani di età inferiore ai 35 anni che non lavorano e non stanno intraprendendo un percorso formativo. In una parola: i Neet.
Di questi, due milioni e 112 mila sono femmine e un milione e 643mila maschi. Guardando invece alla ripartizione territoriale italiana risulta che oltre la metà dei neet, circa due milioni e diecimila su tre milioni e 755 mila, risiede nel Mezzogiorno.
Secondo lo studio, stilato da Istat, sono un milione e 333 mila i disoccupati under 35, mentre gli inattivi sono due milioni e 423 mila.
In totale la potenziale forza lavoro ammonta a un milione e 205mila unità, mentre un milione e 218mila di giovani dichiara di non cercare un lavoro o di non essere disponibile svolgerlo.
Prendendo invece in esame la fascia di età compresa tra i 19 ed i 29 anni l’Istat ha rilevato che, nel terzo trimestre 2013, i giovani che non studiano e né lavorano sono 2,564 milioni contro i 2,344 dello stesso periodo dello scorso anno.
Più nel dettaglio: nel 2012 i neet sotto i 35 anni in Italia erano il 25% del totale dei giovani. Un dato, questo, che nell’area dell’Euro scende al 17,3% e che posiziona l’Italia sotto solamente a Bulgaria e Grecia.
Carlo Buttaroni, presidente di Tecnè, in un articolo pubblicato su l’Unità spiegava: “La debole competitività dei nostri giovani rispetto ai coetanei europei non stupisce, perché l’Italia è anche nella parte bassa della classifica per quanto riguarda la spesa pubblica per l’istruzione e la formazione, ben sotto la media europea. La Danimarca, ad esempio, investe una quota pari all’8,1% del Pil, rispetto al 4,5% dell’Italia. Eppure la spesa in istruzione è un indicatore chiave per valutare le policy attuate in materia di crescita e valorizzazione del capitale umano. Peggio di noi, tra i grandi d’Europa, c’è la Germania, che, però, compensa abbondantemente con gli investimenti nel sociale e percorsi formativi eccezionalmente performanti. Nonostante tutto, i talenti nostrani continuano a essere esportati in tutto il mondo. I dati Oecd fissano in 300 mila gli italiani di cultura elevata che hanno lasciato il paese ottenendo successo all’estero. Ma resta sempre e comunque una contabilità negativa”.