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Un italiano su tre è a rischio povertà

Nel 2012, quasi tre cittadini su dieci “sono a rischio povertà o esclusione sociale”. Questo è quanto emerge da una rilevazione condotta dall’Istat, secondo cui nel corso dell’ultimo anno il 29,9% delle persone residenti in Italia (dove il 20% più ricco delle famiglie percepisce il 37,5% del reddito totale, mentre al 20% più povero spetta l’8%) è a rischio di povertà o esclusione sociale, “secondo – precisa l’Istat – la definizione adottata nell’ambito della strategia Europa 2020”. “L’indicatore – si legge ancora nella nota – deriva dalla combinazione del rischio di povertà (calcolato sui redditi 2011), della severa deprivazione materiale e della bassa intensità di lavoro”. Ma il dato preoccupa ancor di più, se si pensa che rispetto al 2011, l’indicatore è cresciuto di 1,7 punti percentuali, a causa dell’aumento della quota di persone in famiglie “severamente deprivate” (dall’11,2% al 14,5%). Mentre risulta stabile la quota di persone che vivono in famiglie a rischio di povertà è sostanzialmente stazionaria (19,4%). Un dato in controtendenza rispetto agli ultimi anni: il 2010 e il 2011. Si “mantiene stabile”, dal 2010, anche quella relativa alla bassa intensità lavorativa (10,3%).
Per inciso: il rischio di povertà o esclusione sociale è del 5,1% più elevato rispetto a quello medio europeo (pari al 24,8%) “come conseguenza della più elevata diffusione della severa deprivazione (14,5% contro una media del 9,9%) e del rischio di povertà (19,4% contro 16,9%)”.
“L’aumento della severa deprivazione, rispetto al 2011, è determinato – spiega l’Istat – dalla più elevata quota di individui in famiglie che non possono permettersi durante l’anno una settimana di ferie lontano da casa (dal 46,7% al 50,8%), che non hanno potuto riscaldare adeguatamente la propria abitazione (dal 18,0% al 21,2%), che non riescono a sostenere spese impreviste di 800 euro (dal 38,6% al 42,5%) o che, se volessero, non potrebbero permettersi un pasto proteico adeguato ogni due giorni (dal 12,4% al 16,8%)”.
La situazione è decisamente più complessa – oltreché preoccupante – nel sud Italia, dove quasi la metà (il 48%) dei residenti “è a rischio di povertà ed esclusione”. Ma il “rischio di povertà o esclusione sociale” è più alto per le famiglie numerose (39,5%) o monoreddito (48,3%); aumenti significativi, tra il 2011 e il 2012, si registrano tra gli anziani soli (dal 34,8% al 38,0%), i monogenitori (dal 39,4% al 41,7%), le famiglie con tre o più figli (dal 39,8% al 48,3%), se in famiglia vi sono almeno tre minori.
Nel 2011, la severa deprivazione tra le persone in famiglie a prevalente reddito da lavoro autonomo era più contenuta (7,1%) di quella osservata tra i membri delle famiglie con redditi da lavoro dipendente (10,7%); nel 2012 la differenza si riduce in misura significativa (12,6% contro 13,7%) a seguito dell’aumento più consistente rilevato tra i membri delle famiglie del primo tipo.
La metà delle famiglie residenti in Italia ha percepito, nel 2011, un reddito netto non superiore a 24.634 euro l’anno (circa 2.053 al mese). Nel Sud e nelle Isole il 50% delle famiglie percepisce meno di 20.129 euro (circa 1.677 euro mensili). Il reddito mediano delle famiglie, che vivono nel Mezzogiorno è pari al 73% di quello delle famiglie residenti al Nord; per il Centro il valore sale al 96%. Nel 2011, la disuguaglianza misurata dall’indice di Gini mostra un valore più elevato nel Mezzogiorno (0,33), inferiore nel Centro (0,31) e nel Nord (0,29). “Su scala nazionale – conclude l’Istat – l’indice di Gini è pari allo 0,32”.

 

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