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A Sochi, oltre i giochi invernali

di Mirko Spadoni

putin_sochi_01Quelle di Sochi non saranno delle Olimpiadi invernali come le altre. Dal 7 al 23 febbraio alle pendici del Caucaso settentrionale, la Russia accoglierà oltre 6000 atleti provenienti da ben 85 paesi. Migliaia saranno invece i visitatori per quelli che sono i giochi più costosi della storia: ad oggi sono stati investiti ben 51 miliardi di dollari (le Olimpiadi di Pechino del 2008 costarono 43) e hanno richiesto l’impiego di 500 imprese e 96 mila lavoratori. Il nodo è però un altro: i delicati equilibri della regione, dove i fondamentalisti salafiti, che ora minacciano la sicurezza dei Giochi, vogliono costituire una teocrazia islamica, “espellendo gli infedeli” e imponendo “la Sharia”. Da parte sua, Vladimir Putin non ha mai avuto – o mostrato – alcun dubbio sulla perfetta riuscita dell’evento. Sulle rive del Mar Nero, il mondo vivrà “un’esperienza sicura, divertente e memorabile”, affermò nel 2007. Una promessa difficile da mantenere anche per lui, che gode di un ampio consenso tra i russi: un recente sondaggio dell’Istituto di ricerca Levada sostiene che il 52% approva il suo operato, mentre il 46% lo considera il politico più affidabile. Il Cremlino vuole però ripagare la fiducia del Comitato olimpico internazionale, che sette anni fa preferì la città russa a Salisburgo e a Pyeongchang in Corea del Sud. Un impegno arduo e non soltanto per le difficoltà logistiche (le temperature di Sochi non sono propriamente quelle adatte per ospitare un’Olimpiade invernale), ma anche – e soprattutto – a causa del timore di attentati. Un timore legittimo viste le premesse: il 29 e il 30 dicembre, nella città di Volgograd – a oltre 700 chilometri da Sochi – 34 persone sono rimaste uccise in due diversi attacchi terroristici. Dura la reazione di Putin, che definì “abominevoli” gli attentati e il cui presunto organizzatore, il trentenne Dzhamaldin Mirzayev, è stato ucciso dai servizi di sicurezza russi solo qualche giorno fa. Le parole di Doku Umarov, a capo dell’emirato del Caucaso (un’entità politica che unisce il Dagestan e la Cecenia), hanno poi ribadito lo scopo dei fondamentalisti: “Sulle ossa dei nostri avi, sulle ossa di tanti, di molti musulmani che sono morti e sepolti sul nostro territorio lungo le coste del Mar Nero si apprestano ad andare in scena i Giochi olimpici. E noi come mujahiddin non dobbiamo permettere che ciò possa accadere”, ribadì con forza in un video pubblicato su kavkazcenter.com. Il Caucaso è una regione delicata, dove Mosca vuole mantenere il proprio controllo, nonostante la presenza della popolazione russa sia sempre meno incisiva. Secondo l’ultimo censimento ufficiale, la percentuale dei russi è irrisoria in alcune repubbliche come la Cecenia (1,9%), l’Inguscezia (0,8%) e il Daghestan (3,6%). Una regione in fermento da tempo, qualche settimana fa, la Direzione generale del ministero per la Circoscrizione federale Nord-Caucasica ha riferito che dal 2003 oltre 3.500 guerriglieri sono stati uccisi e circa 8.000 sono stati catturati nel Caucaso settentrionale. Mentre le stime riferite dal ministero degli Interni russo, riportate dall’Ispi, parlano chiaro: nel Nord Caucaso, dovrebbero essere attivi oltre 600 miliziani, organizzati e suddivisi in circa 40 brigate. Un numero sufficiente e sufficientemente preparato per poter colpire obiettivi sensibili nel corso dei giochi. A cui si potrebbero unire parte dei 300-400 guerriglieri, che secondo l’FSB combattono in Siria con i ribelli. Uno scenario che Mosca vuole assolutamente scongiurare, impiegando 25.000 poliziotti e oltre 20.000 militari all’interno del cosiddetto “anello d’acciaio”: un’area di 1.500 kmq. Alle Olimpiadi di Londra del 2008, le forze dell’ordine impiegate furono 18.000. Il lavoro di sorveglianza e prevenzione verrà coadiuvato da droni, sei batterie antimissile Pantsir-S, da diverse motovedette e dall’incrociatore Petr Velikij. A prevenire qualsiasi attacco terrorista, dovrà provvedere il NAK (il Comitato nazionale antiterrorismo), che in caso di pericolo/minaccia, godrà di un regime giuridico straordinario: il “KTO”, che prevede la sospensione di alcune libertà individuali e d’informazione nei luoghi dove si svolgono le operazioni. Le forze di sicurezza potranno così godere di ampie autonomie come la conduzione di ricerche a tappeto e l’imposizione del coprifuoco. Ma non solo: gli stranieri, trovati senza il possesso di un permesso di “visitatore speciale”, potranno essere detenuti preventivamente.

putin_sochiLa sicurezza degli atleti rientra però anche negli interessi della comunità internazionale. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha offerto a Mosca la tecnologia statunitense per individuare eventuali ordigni esplosivi improvvisati (improvised explosive device). Ma non solo: “Mezzi aerei e navali, compresi due vascelli nel Mar Nero, saranno disponibili per ogni evenienza, se richiesti”, ha annunciato qualche giorno fa l’ammiraglio John Kirby, portavoce del Pentagono. Offerte prontamente rifiutate da Putin: la Russia vuole fare da sé, senza aiuti esterni. Così da poter convincere anche la maggioranza dei russi, contrari dall’investimento astronomico sostenuto fin qui (gli oltre 50 miliardi): secondo un sondaggio del centro Levada, riportato da Ria Novosti, il 65% si è lamentato della spesa definita eccessiva, mentre solo il 2% l’ha ritenuta congrua. Tuttavia il 62% si è detto orgoglioso di poter ospitare un evento di tale portata. I tantissimi soldi utilizzati sono stati investiti per la creare l’impianto sciistico Krasnaja Poljana, sei strutture dall’architettura avveniristica (tra cui lo stadio Olimpico Fisht, dove si terrà la cerimonia di inaugurazione, e il palazzo del ghiaccio, Bolshoy), la costruzione di oltre 25 mila stanze in strutture turistiche e di ricezione e gli oltre 360 chilometri di strade. Anche se il rapporto Race to the bottom, Exploitation of Migrant Workers Ahead of Russia’s 2014 Winter Olympic Games in Sochi di Human Rights Watch ha sollevato qualche perplessità sulle condizioni di vita dei lavoratori, per la maggior parte provenienti dall’Asia centrale. Oltre al pericolo terrorista, i Giochi di Sochi hanno fatto discutere anche per la legge, da poco estesa a tutta la Russia, che vieta la “propaganda gay”. “Propaganda gay tra i minori”, ha voluto precisare Putin. Dure le reazioni delle comunità LGTB (Lesbiche, gay, bisessuali e transessuali), dell’Onu (“Dobbiamo opporci agli arresti, agli imprigionamenti e alle restrizioni discriminatorie che si trovano a fronteggiare i gay”, ha ribadito il segretario Ban Ki-Moon) e degli Stati Uniti (“Non ci conformeremo a nessun tipo di discriminazione”, ha spiegato Obama alla Nbc). Altrettanto chiara – anche se quantomeno discutibile – la posizione del sindaco di Sochi, Anatoly Pakhomov (“Gay? Non ne abbiamo in città”, ha detto qualche giorno fa alla BBC). Al di là delle polemiche e dei rischi, il Cremlino vuole comunque raggiungere il suo obiettivo: lo svolgimento pacifico dei Giochi di Sochi. “Una scommessa”, per dirla all’Obama. Ma soprattutto un tassello di un progetto più ampio: “il decennio dello sport russo”, iniziato nel 2007 e che si concluderà nel 2018. Quando la Russia ospiterà un evento altrettanto importante: i Mondiali di calcio.

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