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La disoccupazione giovanile dall’inizio della crisi

youth_unemployment_disoccupazione_giovanileDall’avvio della crisi finanziaria il tasso di disoccupazione giovanile, ha registrato un aumento considerevole nell’area dell’euro, dal 15% circa nel 2007 al 24% nel 2013. Sia il livello sia l’incremento del tasso di disoccupazione risultano molto più elevati per i giovani che per i lavoratori oltre i 24 anni. L’evoluzione del tasso di disoccupazione giovanile cela notevoi differenze fra i Paesei. Ad esempio: mentre in Austria e a Malta l’incremento è stato moderato e in Germania si è persino registrato un calo, il tasso di disoccupazione giovanile è aumentato in maniera particolarmente marcata nei paesi soggetti a tensioni di mercato, portandosi nel 2013 su valori compresi fra il 50 e il 60 per cento in Grecia e in Spagna e raggiungendo livelli prossimi al 40 per cento in Italia, Portogallo e Cipro e al 30 per cento in Irlanda. In questi ultimi due paesi, il rialzo segue un dato pre-crisi
relativamente contenuto. Un alto tasso di disoccupazione giovanile rispetto alla media dell’area dell’euro non costituisce invece un fenomeno
nuovo in Spagna, Grecia, Portogallo e Italia, essendo stato già osservato prima della crisi. Al tempo stesso, anche alcuni paesi non sottoposti a tensioni, come Francia e Belgio, presentavano un tasso di disoccupazione giovanile relativamente alto nel periodo antecedente la crisi. L’incremento della disoccupazione giovanile ha riguardato principalmente i lavoratori sprovvisti di un titolo di studio secondario superiore, per i quali il tasso di disoccupazione è salito, nella maggior parte dei paesi, molto più che per i lavoratori con un’istruzione secondaria superiore e terziaria. Ciononostante, l’aumento della disoccupazione per i giovani con un’istruzione secondaria superiore o terziaria è stato considerevole in alcuni paesi. In Spagna, ad esempio, il tasso di disoccupazione per i giovani con un’istruzione terziaria ha registrato un aumento di circa 30 punti percentuali fra il 2007 e il 2013. A livello nazionale, le disparità fra gruppi di lavoratori con diversi livelli di istruzione potrebbero riflettere anche aggiustamenti nella struttura dell’economia.
Ad esempio, è possibile che nel caso della Spagna ci sia una relazione fra il calo dell’attività nel settore delle costruzioni e l’aumento della disoccupazione giovanile per i lavoratori con un minore livello di istruzione, così come nel caso di Cipro fra la contrazione dei servizi finanziari e alle imprese e una più alta disoccupazione tra i lavoratori con un titolo terziario. Un tratto distintivo del rialzo più marcato della disoccupazione giovanile sta nel fatto che, nel caso dei giovani, la crisi ha colpito duramente sia i titolari di contratti a termine sia quanti avevano un contratto a tempo indeterminato, mentre, per il complesso degli occupati, la perdita di posti di lavoro ha generalmente interessato soprattutto i lavoratori con contratto a termine. Infatti, per il totale degli occupati nell’area dell’euro il numero di lavoratori con contratto a tempo determinato è diminuito quasi del 10% tra il 2007 e il 2013, mentre quello dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato è rimasto sostanzialmente invariato. Per contro, nel caso dei giovani, si è osservata una netta flessione sia dei rapporti di lavoro regolati da contratto a termine sia di quelli regolati da contratto a tempo indeterminato, diminuiti rispettivamente del 18 e del 22%. Nel 2007 il 50% dei giovani occupati alle dipendenze nell’area dell’euro era titolare di un contratto a termine, a fronte di un dato per il totale degli occupati pari al 17 per cento. Tale andamento è riconducibile a diverse ragioni, ma in alcuni casi potrebbe essere dipeso da norme restrittive in materia di tutela del posto di lavoro, che avrebbero favorito l’emergere di un mercato del lavoro duale caratterizzato da divari fra quanti detengono un contratto a tempo indeterminato e chi, specie tra i giovani, ha un contratto a termine. Nondimeno, sebbene tra i giovani sia maggiore la prevalenza di posti di lavoro con contratto a termine e dunque maggiormente soggetti al ciclo economico, il fatto che il calo dell’occupazione abbia colpito in maniera sproporzionata la popolazione giovanile, compresi i titolari di contratti a tempo indeterminato, potrebbe anche riflettere una più generale strategia delle imprese, che nel ristrutturare il personale potrebbero licenziare per primi i lavoratori che sono stati assunti per ultimi.
L’analisi del tasso di disoccupazione (definito come il rapporto fra il numero dei disoccupati e la forza lavoro) restituisce solo un quadro parziale delle ripercussioni della crisi sui giovani. Il sistema di istruzione potrebbe infatti celare fenomeni di disoccupazione se, a fronte di prospettive lavorative poco attraenti, i giovani proseguono o riprendono un percorso di studio. Il tasso di non partecipazione per i giovani dell’area dell’euro è salito di 3 punti percentuali fra il 2007 e il 2013. In Irlanda e in Spagna l’aumento è stato pari rispettivamente a 16 e a 10 punti percentuali, suggerendo che il deterioramento delle opportunità lavorative si sia tradotto solo in parte in un aumento dei tassi di disoccupazione. L’incremento dei tassi di non partecipazione fra i giovani può risultare meno preoccupante se riflette non soltanto fenomeni di scoraggiamento, ma anche un prolungamento
dei percorsi di istruzione e formazione che, in ultima istanza, permetta di accrescere la produttività o di migliorare le prospettive lavorative.
Nel complesso dell’area dell’euro, la quota di giovani di età compresa fra i 15 e i 24 anni non occupati né impegnati in percorsi di istruzione
o di formazione e classificati come inattivi si è mantenuta relativamente stabile nel 2012 rispetto al 2007. In alcuni paesi soggetti a tensioni di mercato, quali Spagna e Portogallo, si è persino registrata una flessione, a indicare che finora i giovani sono riusciti a prolungare il periodo di istruzione oppure a iscriversi a programmi di formazione, evitando così la disoccupazione. Per contro, la quota di giovani considerati inattivi che non sono impegnati in attività di istruzione o formazione è aumentata in altri paesi sottoposti a tensioni di mercato, come Italia, Irlanda, Cipro e Grecia.

(fonte: bollettino mensile della Banca centrale europea)

 

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