I dieci (controversi) anni della Legge 40 | T-Mag | il magazine di Tecnè

I dieci (controversi) anni della Legge 40

di Mirko Spadoni

legge_40La Legge numero 40, che regola la procreazione assistita in Italia, compie dieci anni. Lo fa dopo essere stata contestata da alcuni e difesa da altri. Perché, una volta pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio del 2004, la legge in questione è stata più volte oggetto di diverse critiche e di alcuni processi: 28, in tutto. Le finalità, espresse nell’articolo 1, sono chiare: “Favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana”, consentendo “il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito”. Eppure non mancò chi – fin da subito – contestò alcuni punti della legge, denunciando l’inadeguatezza della stessa e le eccessive restrizioni imposte. Già nel giugno del 2005 ci fu un referendum abrogativo, proposto dai Radicali nel 2004. Tuttavia il quorum necessario non venne raggiunto, perché soltanto il 25% degli italiani si recò alle urne (per inciso: l’88% di questi votò sì).
Molti sono i limiti imposti dal legislatore: come il divieto, previsto dall’articolo 4, di fecondazione eterologa (ovvero realizzata attraverso l’utilizzo di ovuli o spermatozoi provenienti da donatori esterni alla coppia). Tanti altri sono invece i divieti – inizialmente previsti – e poi contestati, perché ritenuti illegittimi o parzialmente illegittimi: come nel caso della sentenza n.151/2009 della Corte costituzionale, che ha dichiarato parzialmente illegittimi i commi 2 e 3 dell’articolo 14. Il primo dei due è stato giudicato illegittimo laddove prevede un limite di produzione di embrioni “comunque non superiore a tre” e laddove impone l’obbligo di “un unico contemporaneo impianto”. Il secondo (il comma 3, per l’appunto), che prevede di poter crioconservare (conservare cellule vive, in sostanza) gli embrioni “qualora il trasferimento nell’utero degli embrioni non risulti possibile per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione”, è stato dichiarato illegittimo nella parte in cui non prevede che il trasferimento di tali embrioni, “da realizzare non appena possibile”, debba essere effettuato anche senza pregiudizio per la salute della donna.
Mentre il 28 agosto del 2012 la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha bocciato, accusando di “incoerenza” il sistema legislativo italiano, la norma sull’impossibilità per una coppia fertile, ma portatrice di una malattia genetica, di accedere alla diagnosi pre-impianto degli embrioni, violando così “il diritto al rispetto della vita privata e familiare”.
In Italia, esistono 357 centri di procreazione assistita: 223 privati, 113 pubblici e 21 privati convenzionati. Secondo i dati Istat, riportati dall’Unità, annualmente sono 70 mila le coppie che tentano la fecondazione assistita: nel 40% dei casi il tentativo è dovuto a problemi riconducibili alla donna, il 30% all’uomo, mentre nel restante 30% dei casi è impossibile trovare un motivo preciso.
Il rapporto fra trattamenti e gravidanze portate a termine è attorno al 20%, una percentuale frutto di una media tra i buoni risultati ottenuti tra le coppie giovani e quelli un po’ meno positivi delle coppie sopra i 40 anni di età, di queste solo il 35% non ha chance, “o meglio – scrive, concludendo L’Unità – non ne ha in un Paese dove la fecondazione eterologa è vietata”. Accade così che, secondo un’indagine dell’Osservatorio sul Turismo Procreativo, nel 2012 quattromila le coppie hanno valicato i confini italiani, recandosi all’estero per trattamenti di fecondazione assistita, di queste circa il 50% ricorre alla fecondazione eterologa, vietata dalla legislazione italiana, il restante 50% invece sceglie di migrare anche se deve sottoporsi a trattamenti disponibili nel proprio Paese (conservazione degli ovociti, stimolazione ovarica e fecondazione omologa). Spagna, Svizzera e Repubblica Ceca sono le mete preferite dai nostri connazionali, sottolinea chi ha condotto la ricerca. Dati in linea con quelli riferiti da uno studio del 2010 apparso su Human Reproduction (Cross border reproductive care in six European countries), secondo cui il numero degli italiani che decideva di si aggirava tra i 3.500 e i 4.500 unità.

 

3 Commenti per “I dieci (controversi) anni della Legge 40”

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