La delicata situazione in Ucraina/7 | T-Mag | il magazine di Tecnè

La delicata situazione in Ucraina/7

di Mirko Spadoni

John Kerry and  Sergei Lavrov  in MoscowWashington non sa più a cosa credere. Annessa la Repubblica autonoma di Crimea (il che non era previsto dall’intelligence statunitense), la Russia chiede – almeno in via ufficiale – soltanto “una nuova Costituzione che garantisca un’organizzazione federale dello Stato ucraino”. Richiesta avanzata nel corso del vertice di lunedì a Parigi tra il segretario di Stato John Kerry e il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, secondo cui solo così si potrà garantire la tutela dei diritti di tutti i cittadini dell’Ucraina. Una richiesta che i diretti interessati a Kiev non vogliono però soddisfare: “Mosca – ha replicato il ministero degli Esteri ucraino con una nota – la smetta di dettare ultimatum a un Paese sovrano e indipendente”. Chiare anche le proposte statunitensi: il disarmo delle forze irregolari, l’invio di osservatori internazionali per la protezione dei diritti delle minoranze (la missione Osce già concordata, in sostanza) e un dialogo diretto tra Mosca e Kiev, oltre che una riforma costituzionale per l’Ucraina. Si è concluso così l’incontro organizzato nel corso di una telefonata tra il presidente statunitense Barack Obama e il leader del Cremlino, avvenuta venerdì e durante la quale l’inquilino della Casa Bianca aveva chiesto al suo omologo di “mettere per iscritto una risposta concreta”.

I rapporti tra Mosca e l’Alleanza Atlantica
Meno conciliante la posizione della Nato: a meno di clamorosi sviluppi nella crisi ucraina, le relazioni tra l’Alleanza Atlantica e la Russia non saranno più le stesse. “Abbiamo già sospeso – ha sottolineato martedì il segretario generale della Nato, Ander Fogh Rasmussen – gli aspetti pratici della cooperazione. Continueremo questa revisione in modo più approfondito”. “Molto dipenderà dall’evolversi della situazione”, ha aggiunto. L’Alleanza Atlantica ha poi negato il già annunciato ritiro delle truppe russe (“100mila soldati”, secondo Kiev; “50mila” per Washington) ai confini dell’Ucraina. Ma se i soldati di Mosca tornano – o sembrano tornare – nelle proprie basi, molti altri sono invece destinati a stanziarsi in Crimea. Secondo i dati del ministero della Difesa russo elaborati dal Wall Street Journal, nel 2019 i militari impiegati nella penisola saranno tra i 30-40mila (prima del 2014 erano 12.500), i sottomarini saranno sette e gli aerei da guerra tra i 30 e i 40.

Kiev alla ricerca della stabilità perduta
Nel frattempo, la Rada Verkhovna ha approvato un disegno di legge (n° 4561) che consente l’ingresso sul territorio ucraino di forze armate di Paesi stranieri “per la partecipazioni ad esercitazioni a carattere multinazionale”. La legge prevede il coinvolgimento di un massimo di 2.500 militari ucraini, e di un egual numero complessivo per quelli degli Stati partner. Ma c’è di più: “In relazione alla situazione di emergenza socio-politica nel Paese e alle provocazioni sistematiche da parte di cittadini stranieri nel sud-est dell’Ucraina”, il Parlamento ha anche approvato – con 265 voti a favore e nessuno contrario – la risoluzione n° 4614 con cui si ordina il disarmo di “tutti i gruppi armati, che con l’eccezione della polizia, dei servizi di sicurezza e della guardia nazionale, sono – si legge nel testo – considerati sabotatori che agiscono contro il Paese”. Un colpo durissimo inferto ad alcuni tra i protagonisti delle rivolte di piazza Maidan: gli ultranazionalisti di Settore Destro (Pravyi Sector), che – dopo aver chiesto invano le dimissioni del ministro dell’Interno Arsen Avakov a seguito dell’uccisione di uno loro dei leader, Oleksandr Muzychko – hanno prima consegnato le proprie armi e poi abbandonato il Dnipro Hotel, utilizzato come quartier generale.

Le elezioni presidenziali
Scelte prese per garantire la stabilità ad una nazione che si appresta ad eleggere il successore dell’ormai deposto Viktor Yanukovich. Scaduto il termine ultimo per la presentazione delle candidature, dal 31 marzo è iniziata ufficialmente la campagna elettorale. Al momento e secondo i sondaggi resi noti dal Comitato degli elettori di Ucraina, il favorito principale alla vittoria delle elezioni del 25 maggio è Petro Poroshenko, conosciuto anche come “il re del cioccolato” per via delle sue attività nel settore agroalimentare. Già segretario del Consiglio nazionale di sicurezza e di difesa, un tempo anche ministro degli Esteri e dello Sviluppo economico, Poroshenko – come osserva Andrew Kramer sul New York Times – è favorevole all’adesione all’Unione europea nel 2025 e anche ad una partnership con la Nato, senza dimenticare la restituzione della Crimea. Punti programmatici in comune con un altro candidato alla presidenza: l’ex premier Yulia Tymoshenko. “Farò del mio meglio per favorire l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea” e renderla “indipendente economicamente e militarmente da Mosca”, ha ribadito martedì il leader di Patria, che ha anche auspicato “ulteriori sanzioni nei confronti della Russia per costringerla a restituire la Crimea”.

Gazprom alza il costo del gas
Ma chi prenderà il posto di Yanukovich dovrà fare i conti anche con l’aumento del prezzo del metano annunciato dall’amministratore delegato di Gazprom, Alexey Miller. La nuova tariffa è di 385,5 dollari per mille metri cubi. Finisce così lo sconto concesso a dicembre al deposto presidente Viktor Yanukovich e che aveva portato il prezzo a 268,5 dollari. L’aumento, ha argomentato Miller, è dovuto al mancato pagamento di 1,7 miliardi di dollari per il gas fornito nel 2013. Ma il costo potrebbe crescere ancora, almeno fino a 480 dollari: la Duma prima e il Senato poi hanno approvato infatti – all’unanimità – una legge per annullare gli accordi di Kharkiv con l’Ucraina, che concedevano a Kiev uno sconto di 100 dollari per mille metri cubi sul prezzo del gas in cambio del prolungamento del permesso della flotta russa di restare in Crimea dal 2017 al 2042.

Crescono i consensi nei confronti di Putin
Le mosse del leader del Cremlino, per quanto azzardate possano apparire in Occidente (“Putin è fuori dal mondo”, commentò qualche settimana fa la cancelliera tedesca Angela Merkel), sembrano riscuotere un grande consenso in Russia, dove il gradimento nei confronti del presidente è in costante crescita. I sondaggi lo testimoniano ampiamente: secondo il centro Levada, il 72% (+7% su gennaio) dei russi si è espresso in suo favore. Del resto, in una rilevazione condotta tra il 7 e il 10 marzo dallo stesso istituto di ricerca, certificava che per il 65% degli intervistati la Russia “ha il diritto di proteggere i russofoni che vivono in Crimea e nell’Ucraina orientale”. “Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama – notava il Washington Post, commentando i dati russi – è attualmente al 43% (sondaggio Gallup), mentre il 79% dei francesi dice di non approvare la presidenza di Francois Hollande”. Un consenso che tuttavia non è detto possa durare ancora a lungo.

Le (prime) ripercussioni sull’economia russa
Perché pur di annettere la Repubblica autonoma di Crimea, Mosca potrebbe pagare un prezzo molto alto, forse troppo. Le stime della Banca Mondiale sostengono che la Russia potrebbe entrare in recessione, con una contrazione del Pil pari all’1,8% nel 2014 e del 2,1% nel 2015. A febbraio il Pil è cresciuto dello 0,3%, ha riferito qualche giorno fa il viceministro dello Sviluppo economico Andrej Klepach. C’è poi da ricordare quello che gli analisti di Goldman Sachs, Clemens Grafe e Andrew Matheny, considerano il “tallone d’Achille dell’economia russa”: “la fuoriuscita di capitali”, che solo nel primo trimestre si è attestata a quota 70 miliardi di dollari. Una cifra superiore a quella registrata in tutto il 2013: 62,7 miliardi. La situazione non è destinata ad un’evoluzione positiva: nel migliore dei casi, ipotizza il senior economist della Banca Mondiale per la Russia Birgit Hansl, la fuga di capitali potrebbe fermarsi a 85 miliardi di dollari e a 150 nello scenario peggiore.

Intanto in Crimea
Intanto la Crimea, che nella giornata di lunedì ha accolto il premier russo Dmitri Medvedev (la più alta carica dello stato russo sinora giunta da Mosca), ripone le proprie speranze nel turismo. “Ogni anno – ha detto il primo vice premier Rustam Temirgaliyev a Rossiya24 – ospitiamo 5,5 milioni di turisti, poco meno della metà (circa 2,5 milioni) proviene dalla Russia. Ora che abbiamo aderito alla Federazione russa, ci aspettiamo che le compagnie aeree russe aumentino il numero di voli per la Crimea. Ci auguriamo – ha concluso – un boom turistico, grazie ai cittadini provenienti dalla Russia”. Ormai loro connazionali, secondo Mosca.

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2 Commenti per “La delicata situazione in Ucraina/7”

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