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La grande riforma di Obama

di Fabio Germani

barack_obamaIn America chi tocca la sanità, muore. O quasi. Obama è rimasto in piedi, non senza il rischio di perdere l’equilibrio da un momento all’altro. Alla fine i nuovi aderenti al programma Obamacare (il cui nome ufficiale è Patient Protection and Affordable Care Act) sono stati quantificati in sette milioni dalla Casa Bianca, dato oltre le aspettative almeno per il primo anno. I repubblicani hanno sempre osteggiato il tentativo di riforma sanitaria, cavallo di battaglia dell’inquilino della Casa Bianca già ai tempi della prima campagna presidenziale, perché considerato uno strumento eccessivamente statalista. Prima di Obama, fu Clinton a pagarne le spese: nel 1994 il Congresso bocciò il progetto di riforma che aveva ottenuto il parere negativo delle compagnie di assicurazione e delle imprese che venivano gravate della maggior parte dei costi.

Il sistema sanitario statunitense
Negli Stati Uniti il sistema sanitario è per lo più privato. La spesa federale destinata all’intervento pubblico in materia arriva in genere a coprire meno del 20% delle uscite totali. Un primo approccio ad una maggiore copertura sanitaria risale alla seconda metà degli anni sessanta, quando l’allora presidente Lyndon Johnson fece approvare i piani Medicare e Medicaid. Il primo è il programma di assistenza agli anziani sopra i 65 anni, universalistico. Il secondo è invece appannaggio di chi vive in condizioni di disagio sociale, ma varia di Stato in Stato il che implica un certo squilibrio tra domanda e offerta (in linea teorica la riforma di Obama prevede maggiore flessibilità per l’accesso ai due programmi). In un sistema misto come quello statunitense, le compagnie di assicurazione regolano il mercato secondo le proprie esigenze per cui un soggetto – immaginiamo una persona con malattie gravi regresse e a rischio ricadute – può essere considerato non idoneo. Risultato: per abbattere i costi, compresi quelli contemplati nei contratti di lavoro, molte persone, in termini di milioni, sono rimaste a lungo fuori dalle coperture assicurative.

Verso un sistema sanitario universale
“Ci sono lezioni che l’Italia può dare agli Usa e lezioni che gli Usa possono dare all’Italia. L’Italia ad esempio ha un servizio sanitario universale aperto a tutti, una strada che gli Usa stanno percorrendo solo adesso ed anche con un certo disagio”, osservò Obama durante la sua visita a Roma della scorsa settimana. La riforma è entrata in vigore nell’ottobre 2013 dopo che la Corte Suprema l’ha giudicata legittima nel 2012. Tra le misure varate il divieto per le compagnie di negare polizze per determinate patologie e l’obbligo per i cittadini di essere assicurati pena una multa. La possibilità di iscriversi al programma e acquistare polizze avviene attraverso il sito HealthCare.gov, che ha dato non pochi problemi agli utenti al momento del suo lancio. Di qui la decisione di concedere una proroga ai cittadini che non sono riusciti a completare le operazioni prima del termine del 31 marzo. Anche se la Casa Bianca ritiene un successo il risultato ottenuto, lo scopo è quello di indurre nel tempo gli oltre 40 milioni di cittadini che ancora non dispongono di copertura sanitaria. Con l’opposizione repubblicana che, intanto, incalza l’amministrazione sui numeri di quanti hanno effettivamente acquistato una polizza non limitandosi alla sola iscrizione al sito HealtCare.gov.

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