Cala ancora il potere d’acquisto delle famiglie
Le difficoltà economiche delle famiglie italiane sono certificate dalla contrazione dei consumi che, sebbene un lieve aumento del reddito disponibile, è diminuito ulteriormente dell’1,1% nel 2013 (tenuto conto dell’inflazione) rispetto al 2012. Spiega infatti l’Istat che l’anno scorso il reddito disponibile delle famiglie consumatrici in valori correnti è aumentato dello 0,3%. Nell’ultimo trimestre del 2013 è risultato invariato rispetto al trimestre precedente mentre è cresciuto dell’1,1% rispetto al corrispondente periodo del 2012.
Il potere di acquisto delle famiglie consumatrici, appunto, nel 2013 è diminuito dell’1,1%. Nel quarto trimestre del 2013 è risultato in leggera diminuzione rispetto al trimestre precedente (-0,1%) mentre è aumentato dello 0,4% rispetto al quarto trimestre del 2012. Nel 2013 la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è stata pari al 9,8%, registrando un aumento di 1,4 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Nel quarto trimestre del 2013, al netto della stagionalità, è stata pari al 10,2%, sostanzialmente invariata rispetto al trimestre precedente (+0,1 punti percentuali) ma in significativo aumento (+1,7 punti percentuali) rispetto al corrispondente trimestre del 2012.
Le difficoltà sono però evidenti. L’ultimo monitor economico di Tecnè sottolinea come, a fronte di un 92% di cittadini che giudica negativamente la situazione economica dell’Italia, cresce la percentuale (+5%) di quanti hanno dichiarato di “faticare ad arrivare alla fine del mese”.
Secondo le recenti stime di Confcommercio, potrebbero volerci 33 anni per tornare ai livelli di consumo di beni durevoli precedenti alla crisi. In pratica, ipotizzando una variazione annua dell’1%, bisognerà attendere il 2046 per tornare al 2007. Andrebbe meglio al solo settore degli alimentari, per cui dovrebbero bastare 12,5 anni. Con una crescita del 3%, invece, servirebbero 12 anni per i beni e quattro per il cibo. Ma – avverte Confcommercio – “i limiti strutturali dell’economia suggeriscono di considerare l’ipotesi di crescita all’1% come la più probabile, al 3% come la meno probabile”.