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Facebook studia il contagio emotivo

di Mirko Spadoni

facebook_privacyFacebook si è servito di 689 mila utenti. Un campione limitato rispetto al vasto numero di persone che ha un account sulla piattaforma di Mark Zuckerberg. Ma evidentemente sufficiente per “studiare il contagio emotivo attraverso i social network” nel corso di una ricerca, condotta nel 2012 e pubblicata sulla rivista Proceeding of the national academy of sciences. Lo studio, realizzato da una squadra di Data science del social network con la collaborazione delle università della California e Cornell, ha visto – come già anticipato – il coinvolgimento (inconsapevole) di 689 mila utenti, esposti a contenuti in parte positivi e in parte negativi grazie all’algoritmo che regola quotidianamente gli aggiornamenti e che vediamo scorrere nel newsfeed. L’algoritmo in questione è stato pensato per dare priorità a uno o all’altro contenuto in base agli amici con cui entriamo più spesso in contatto o alla popolarità di uno stato o di una foto. Ai ricercatori è bastato modificarne la gerarchia, utilizzando anche il software Linguistic inquiry and word count, a cui è stata affidata la selezione dei termini associabili ai due sentimenti. Tutto questo per un tempo molto ristretto (una settimana) e per una piccola percentuale dei contenuti del newsfeed (lo 0,04%), come riferito da uno degli autori dello studio, Adam D. I. Kramer, che sul proprio profilo Facebook si è giustificato così: “Il motivo per cui abbiamo fatto questa ricerca è perché ci interessa l’impatto emotivo” del social network, per capire se “l’esposizione alla negatività degli amici potesse indurre le persone a non visitare Facebook”. Emerge così che i social network hanno la capacità di diffondere sentimenti positivi e negativi tra gli utenti, quest’ultimi appaiono infatti inclini ad essere influenzati dai sentimenti espressi dai propri conoscenti.

I dubbi sulla legittimità dello studio
Al di là dell’utilità o meno della ricerca, molti sono stati i dubbi sulla sua legittimità. James Grimmelmann, un professore di diritto della tecnologia alla University of Maryland, citato da Slate, ha detto che “se esponi la gente a una cosa che modifica il loro status psicologico, stai facendo della sperimentazione: è il genere di cose che richiede un consenso informato”. Quel consenso informato che Facebook stesso sostiene di aver ottenuto da ogni utente al momento della loro iscrizione alla piattaforma, che può avvenire solo e soltanto se quest’ultimi si dichiarano d’accordo con la Facebook Data Use Policy, che contiene una clausola in particolare. Questa: “Oltre ad aiutare le persone a vedere e a trovare le cose che fai e condividi, potremmo – avverte Facebook – usare le informazioni che riceviamo su di te per le operazioni interne, fra cui la risoluzione dei problemi, l’analisi dei dati, i test, la ricerca e il miglioramento del servizio”.

Quanto tempo passano gli italiani su Facebook?
Nel 2012 erano oltre 23 milioni gli utenti mensili italiani, con una crescita del 7,7% rispetto all’anno precedente. “La piattaforma – riferiva qualche mese fa a La Stampa Vincenzo Cosenza, analista dell’Osservatorio social media – è maggiormente diffusa nel Lazio (2,624 milioni di iscritti), in Lombardia (1,399 milioni), Campania (719mila), Piemonte (428mila) e Sicilia (404mila)”.
Un numero di utenti notevole e che usa il social network costantemente. Secondo il rapporto Audiweb I primi 15 siti sul web in termini di audience, il “tempo medio speso” da un utente internet su Facebook “è – commenta l’Agcom, citando la ricerca – quattordici volte superiore al tempo medio speso sul primo quotidiano online (La Repubblica, ndr)”: 7 ore e 12 minuti contro 28 minuti e 57 secondi.

I (numerosi) rischi del mondo di internet
Un’alta fruizione dei contenuti web ha tuttavia anche i suoi rischi. In un solo minuto, secondo i dati Domo elaborati dall’Agcom nella sua Relazione annuale 2013 sull’attività svolta e sui programmi di lavoro, mentre in tutto il mondo hanno luogo 6 milioni di visualizzazioni su Facebook, (oltre a 2 milioni di email e 100.000 tweet inviati e 47.000 app scaricate da iTunes), “venti utenti utenti della rete subiscono un furto di identità e si verificano 135 crimini informatici attraverso botnet infections”. Assistiamo quindi ad una “crescita continua di dati e informazioni veicolati in internet”, che tuttavia “non è – avverte l’Agcom – certo esente da rischi”.

 

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