Quante sono (e quanto producono) le start up
Il numero delle start up italiane è cresciuto molto negli ultimi mesi. Alla data di lunedì 23 giugno, come riferito da Stefano Firpo, capo della segreteria tecnica al ministero dello Sviluppo economico, nel corso di un incontro organizzato a Milano da Italia Startup, le imprese innovative operanti in Italia e iscritte nella sezione speciale del Registro delle imprese delle Camere di Commercio erano 2.221. “A febbraio, ve ne erano registrate 1.719, di cui 934, pari al 54% del totale, costituite dopo l’entrata in vigore del Decreto Legge 179/2012”, come osservato nella Relazione al Parlamento del ministero dello Sviluppo economico del marzo scorso.
Il 58% delle quali ha sede nell’Italia settentrionale, mentre il resto si divide tra il centro (il 22%) e il sud del Paese (20%). La regione con il maggior numero di start up è la Lombardia (466), seguita dall’Emilia Romagna (253) e dal Lazio, fermo a 216. Dal settembre del 2013, ovvero da quanto è operativo il Fondo di garanzia statale, è cresciuto anche il numero di finanziamenti concessi: tutte le domande presentate (122) sono state infatti accolte. Complessivamente sono stati erogati 55 milioni di euro, per una media di 340 mila euro ad ogni impresa. Aiuti decisamente più consistenti rispetto a quelli concessi alle piccole medie imprese del Paese da parte delle banche: 133 mila euro in media. Soldi, quelli concessi alle start up, non erogati direttamente dallo Stato, che invece – attraverso il Mediocredito – opera come garante, “facilitando – come spiegato dal ministero dello Sviluppo economico – l’accesso al credito”. Il prestito, che viene concesso alle start up in base alla valutazione “dei piani previsionali”, non può comunque superare i 2,5 milioni ad impresa.
Cos’è una start up, secondo la normativa italiana
Soldi ben investiti, almeno per il momento. Il fatturato complessivo dell’intero settore, che vede il coinvolgimento di 8 mila addetti, ha raggiunto infatti i 300 milioni di euro. Cos’è però una start up? La Legge 221/2012, che ha convertito il Dl Crescita 2.0, ne ha introdotto per la prima volta nell’ordinamento del nostro Paese la definizione.
Secondo la normativa una start up è realmente tale solo quanto requisiti specifici. Eccone alcuni: un dipendente su tre deve essere un ricercatore o avere un Phd (dottorato) oppure i 2/3 dei dipendenti devono essere laureati. Gli investimenti in ricerca e sviluppo devono essere “uguali o superiori al 15% del fatturato”, gli utili devono “obbligatoriamente” essere reinvestiti e non distribuiti ai soci. Infine, la start up deve essere “depositaria o licenziataria di brevetto registrato (privativa industriale) oppure titolare di programma per elaboratore originario registrato”.