La salute in Italia
Se è vero che dal 2005 ad oggi sono diminuite le sia malattie respiratorie croniche che le artrosi, è altrettanto vero che sono aumentati tumori maligni, Alzheimer e demenze senili. E’ quanto rilevato dall’Istat il quale, in un Rapporto, spiega che nel periodo preso in esame è migliorato lo stato di salute fisico della popolazione italiana, ma anche che è peggiorato quello mentale. In particolare il problema di salute mentale più riscontrato è la depressione e riguarda circa 2,6 milioni di persone, il 4,3% della popolazione residente totale. Un disturbo che colpisce nella maggior parte dei casi la componente femminile.
La quota di persone con limitazioni funzionali è passata dal 6,1% del 2000 al 5,5% del 2013, a tre milioni di persone, e interessa nell’80% dei casi persone anziane soprattutto di sesso femminile. Le famiglie con almeno un componente con limitazioni funzionali sono l’11% delle famiglie totali residenti in Italia e in meno del 20% di queste si riceve assistenza domiciliare pubblica. Se al totale si toglie poi un altro 10%, che ricorre ad assistenza privata, risulta che nel 70% dei casi non si ricorre a nessun servizio di assistenza domiciliare.
Nonostante si riscontri un calo dei forti fumatori, l’Istat ha rilevato un aumento degli adolescenti che iniziano a fumare prima di compiere 14 anni: dal 7,6% del 2000 al 10,5% del 2013.
Risulta obesa l’11,2% della popolazione adulta, in aumento rispetto al 9,5% del 2000 e al 10% del 2005. Allarmante anche il fatto che solo il 20,6% della popolazione con più di cinque anni pratichi sport.
Positivi i dati riguardanti la prevenzione dei tumori femminili: rispetto al 2005 la quota di ultra 25enni che si è sottoposta a mammografia è passata dal 43,7% al 54,5% del 2013, mentre oltre il 73% ha effettuato il pap test, dato in aumento del 9% rispetto al 2005.
I risultati positivi della prevenzione non si fermano qui: tra il 2005 ed il 2013 è aumentata dall’11,9% al 14,8% la quota di persone che è ricorsa a visite specialistiche.
“Il livello di soddisfazione – specifica poi l’Istituto – per i servizi sanitari pubblici è elevato tra chi ne ha fruito (circa 8 su una scala da 1 a 10). Rimangono invariate le disuguaglianze sociali nella salute, nei comportamenti non salutari, nelle limitazioni di accesso ai servizi sanitari. Permane lo svantaggio nel Mezzogiorno rispetto a tutte le dimensioni considerate”.