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Cgia: “Per i cittadini si allunga l’attesa agli sportelli pubblici”

E’ l’incubo che ogni cittadino italiano vorrebbe evitare: la coda agli sportelli pubblici. Purtroppo, nonostante l’impegno profuso dagli uffici e le promesse annunciate in questi ultimi anni dalla politica, i tempi di attesa, sostiene la CGIA, sono in aumento.
Negli ultimi 10 anni, il numero di persone che attendono più di 20 minuti agli sportelli dell’ufficio anagrafe è cresciuto del 43,7 per cento. Infatti, nel 2003 12,6 persone su 100 lamentavano tempi di attesa superiori ai 20 minuti: 10 anni dopo, la coda all’anagrafe è arrivata a durare più di 20 minuti per ben 18,1 persone su 100. Tale tendenza è riscontrabile dalle varie Indagini multiscopo sulle famiglie realizzate annualmente dall’Istat.
Per quanto concerne gli sportelli Asl, invece, nell’ultimo decennio l’incremento delle “vittime” dell’inefficienza della sanità pubblica è stato del 21,2 per cento. Se nel 2003 ben 41 persone su 100 avevano riscontrato un’attesa allo sportello superiore ai venti minuti, dieci anni dopo la fila si è idealmente “allungata” di 8 persone. In altre parole, nel 2013 ben 49,7 persone su 100 hanno denunciato di aver atteso più di 20 minuti di fronte agli sportelli dell’Asl.
“I cittadini e le piccole imprese per ottenere un certificato sono ormai sottoposti ad una vera e propria Via Crucis. Nonostante la diffusione dell’informatizzazione abbia consentito di aumentare la produttività del sistema pubblico – dichiara il segretario della CGIA Giuseppe Bortolussi – in molti uffici la fila agli sportelli è comunque aumentata. Non certo per colpa di chi ci lavora, ma, in particolar modo, per gli effetti di leggi, decreti e circolari scriteriate che, spesso in contraddizione tra loro, hanno aumentato la burocrazia, complicando la vita dei cittadini e, in molti casi, anche quella dei dipendenti pubblici”.
A livello territoriale i tempi di attesa sono “drammatici” soprattutto nel Centro-Sud.
Per quanto riguarda le Asl, ad esempio, nel 2013 il 70 per cento dei calabresi ha denunciato di aver atteso oltre 20 minuti, mentre in Sicilia la percentuale è stata del 66,6 e nel Lazio del 62,5 per cento.
Per quanto concerne gli sportelli dell’anagrafe, invece, i Comuni meno virtuosi sono quelli del Lazio. Nel 2013 38,5 laziali intervistati su 100 hanno dichiarato di aver atteso oltre 20 minuti: al secondo posto troviamo i toscani, con il 22,3 per cento e al terzo i sardi, con il 20,1 per cento. Negli ultimi 10 anni la variazione percentuale è più che raddoppiata (+112,4 per cento).
Se per i cittadini le cose in questi ultimi anni sono peggiorate, anche per le aziende il peso della burocrazia è in costante aumento.
La CGIA ricorda che, secondo i dati della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il costo annuo che grava sulle Pmi (aziende con meno di 250 addetti) sfiora i 31 miliardi di euro. Per ciascuna di queste piccole e medie imprese si stima che l’aggravio economico sia pari a 7.000 euro all’anno. Se l’analisi si concentra solo sulle aziende di piccola dimensione, quelle con meno di 50 addetti, i costi sono addirittura superiori a quelli appena enunciati.
Infatti, secondo i risultati emersi dall’annuale indagine realizzata da PROMO PA Fondazione, su un campione di 1.900 piccole imprese (con meno di 50 addetti) distribuite su tutto il territorio nazionale, il costo medio complessivo sostenuto da queste realtà imprenditoriali per espletare gli adempimenti amministrativi sfiora i 12.000 euro all’anno. Negli ultimi 7 anni il costo è aumentato di oltre 1.900 euro (+ 19 per cento).
Per districarsi tra timbri, certificati, formulari, bolli, moduli e pratiche varie, nel 2013 le piccole aziende hanno dedicato 30 giorni lavorativi. Ovvero, sono le giornate/uomo dedicate a districarsi tra oneri informatici e burocratici vari. Rispetto al 2007 la crescita del tempo dedicato a sbrigare tutto questo carico burocratico è aumentato del 26,4 per cento.
“Si pensi – conclude Bortolussi – che, secondo l’indagine annuale PROMO PA Fondazione, l’81 per cento delle imprese con meno di 50 addetti è costretto a ricorrere a consulenti esterni per fronteggiare questo nemico invisibile: ovvero la cattiva burocrazia. Il 70 per cento ad integrazione o a supporto del lavoro svolto dagli uffici amministrativi che operano all’interno dell’azienda, mentre l’altro 11 per cento si affida a terzi per tutte le incombenze. E’ evidente che se non si mette definitivamente mano a quel labirinto inestricabile di leggi, decreti e circolari varie che rendono la vita impossibile a milioni di piccoli imprenditori, corriamo il pericolo di soffocare la parte più importante della nostra economia”.

(fonte: Cgia di Mestre)

 

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