Volontari al tempo della crisi
Sono 6,63 milioni le persone che in Italia svolgono un’attività in qualche modo finalizzata al volontariato. Circa un italiano maggiore di 14 anni su otto per un tasso del 12,6%. E’ quanto rilevato dall’Istat. L’Istituto, entrando nel dettaglio spiega poi che la cifra totale dei volontari si divide in due: quelli che forniscono il loro contributo con attività svolte attraverso gruppi o organizzazioni e quelli che svolgono le attività di volontariato in maniera del tutto autonoma e non organizzata. Rispettivamente si parla di circa 4,14 milioni e di tre milioni di persone. Il tasso di volontariato individuale è del 5,8%. L’8,1% degli intervistati che hanno dichiarato di aver svolto attività di volontariato l’ha fatto sia individualmente sia mediante organizzazioni (538 mila persone), il 54,3% solo attraverso organizzazioni e il 37,6% solo in maniera del tutto autonoma.
A livello territoriale il lavoro volontario risulta più attivo al Nord, con il Nord Est che registra un 16% e il Nord-ovest un 13,9%. A seguire troviamo il Centro con il 13,4% e infine il Sud e le Isole con un timido 8,6%.
Il 13,3% degli uomini è attivo nel campo del volontariato, contro l’11,9% delle donne. Un gap dovuto principalmente al divario presentato dal lavoro organizzato al quale si dedica l’8,8% degli uomini e il 7% delle donne. Appare dunque meno marcato il gap per il lavoro di volontariato individuale.
Dall’analisi dell’Istat si può notare come il tasso di volontariato cresca insieme all’aumento dell’età. La fascia più attiva è infatti quella dei 55-64enni con il 15,9%, seguita da quella dei 35-44enni con il 13,7%.
Anche nel caso del titolo di studio la tendenza è simile. Più questo è alto più elevato è il tasso di volontariato. Solo il 6,1% di chi ha conseguito solo la licenza elementare pratica questo tipo di attività. Dato che cresce addirittura fino al 22,1% per i laureati. Più attivi i lavoratori che gli studenti, con il 14,8% contro il 12,9% (per gli studenti il tasso di volontariato si attesta al 9,5% mentre quello individuale si ferma al 4,3%).
I componenti di famiglie agiate che svolgono attività di volontariato sono il 23,4% del totale, contro il 14,6% delle famiglie con risorse economiche adeguate e il 10,7% dei nuclei familiari con risorse scarse.
Il monte ore lavorate dai 6,6 milioni di volontari residenti in Italia di 126 milioni di ore per quattro settimane, delle quali 114,1 milioni sono ore dedicate prettamente all’attività di volontariato. Mediamente ogni volontario dedica ad attività solidali 19 ore a settimana, con picchi di 21,4 ore nel Nord-Ovest e solo 15,6 ore al Sud e nelle Isole. Gli uomini si dedicano a questo tipo di attività, mediamente, 18,8 ore a settimana, contro le 19,2 ore delle donne.
Come cambiano i comportamenti
Le ore dedicate settimanalmente alle attività finalizzate al volontariato lasciano intravedere che, nonostante la crisi, il tempo da dedicare agli altri, in qualche modo, gli italiani lo trovano. L’Italia della crisi non è, quindi, solo l’Italia della corruzione, dei giochi di potere, e delle belle parole per combattere tutto ciò. E’ l’Italia dei fatti, un Paese in cui aiutare il prossimo è ancora di vitale importanza. Il 12,6% evidenziato da Istat è un dato che fotografa il costante impegno di tanti cittadini, quasi fosse una seconda occupazione. C’è un’altra fetta di italiani, il 38%, che sebbene non svolga attività del genere in modo continuativo le svolge comunque in maniera, almeno, saltuaria. Un dato, già alto di per sé, che risulta addirittura in aumento rispetto a dieci anni prima. Secondo le rilevazioni dell’Istituto di ricerca Tecnè, nel 2001 la percentuale di intervistati che aveva svolto almeno un’attività di tipo solidale era il 31%, sette punti percentuali in meno rispetto al 2012.
Tra il periodo antecedente e quello pieno della crisi economica è cresciuto anche il dato relativo a quanti sentivano la necessità di manifestare atti di solidarietà. La crescita è stata di sei punti percentuali: dal 50% al 56%. In aumento, sempre nel periodo di riferimento della ricerca di Tecnè, anche il dato relativo agli intervistati che dichiaravano di porre attenzione agli acquisti, scegliendo quelli equo-solidali. Tra il 2001 e il 2012 la percentuale passava dal 28% al 43%.