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Il costo delle emergenze umanitarie

di Fabio Germani

emergenze_umanitarieNeanche il tempo di tessere le lodi dell’Africa in crescita – soprattutto quella sub-sahariana, con un incremento medio annuo del 5% (certo, il punto di partenza è decisamente “basso” rispetto a quello di altri paesi e continenti) – che la paura per un’epidemia di ebola, stavolta di proporzioni molto più vaste, ridimensiona notevolmente le prospettive di un’area altrimenti martoriata dai ritardi propri e dalla storia. Partiamo da un presupposto tanto semplice quanto veritiero: le emergenze umanitarie hanno un costo, di solito elevato. Ad esempio le guerre, che secondo recenti studi hanno un impatto diretto sullo sviluppo economico di un paese pari al 2-3% per anno. Le guerre, a loro volta, portano malattie e carestie, e l’Africa è una terra martoriata dalle guerre.
L’ebola è una malattia tanto particolare da fare “letteratura” a sé, il timore e il clamore mediatico derivano dall’alto tasso di mortalità nonché dal rapido contagio che può avvenire in diversi modi. Il problema è che la rapidità dei collegamenti, persone che viaggiano in continuazione, aumenta la possibilità di diffusione. L’Oms stima che da inizio dicembre i morti causati dall’ebola siano 720 e dai primi casi in Guinea si è passati, dopo Sierra Leone e Liberia, alle avvisaglie in Nigeria, il paese più popoloso dell’Africa. Al momento la Banca Mondiale ha stanziato 200 milioni di dollari per fronteggiare l’emergenza, ancora troppo poco ma pur sempre qualcosa visto che l’Oms, da sola, non riuscirebbe a reperire risorse all’altezza della crisi.

Si muovono gli Stati Uniti
Proprio in queste ore si terrà a Washington il primo summit tra il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e 50 leader di paesi africani. E l’ebola ha già stravolto i programmi perché ai lavori con ogni probabilità non parteciperanno i presidenti di Sierra Leone e Liberia. Non solo: inevitabilmente l’epidemia sarà al centro del dibattito. Sommata alle altre lacune – la lotta al terrorismo, ad esempio – crea malumore tra quanti vorrebbero investire nel continente, eventualità che Washington intende scongiurare in quanto l’Africa può diventare strategica per tenere testa alla Cina, che in quelle terre nutre diversi interessi. A livello commerciale, poi, gli Stati Uniti sono il terzo partner dopo Cina (per un giro di affari da 200 miliardi di dollari) ed Unione europea. In linea di principio la maggiore preoccupazione è il terrorismo. Il caso più emblematico è quello nigeriano, dove poco si è fatto, anche in termini economici, per contrastare l’organizzazione islamica di Boko Haram.

Non solo ebola
L’Africa resta dunque un continente complesso, dove le emergenze umanitarie hanno un costo sociale più elevato che altrove. L’ebola è ora il fatto più eclatante, ma i problemi endemici sono altri. Come ricordava alcuni giorni fa Alberto Negri sul Sole 24 Ore, ogni anno vengono registrati circa 300 milioni di casi di malaria, il 90% nell’Africa subsahariana, con un costo stimato qualche anno fa in 12 miliardi di dollari. Per non dimenticare la turbercolosi. E infine l’Aids, una delle principali cause di morte “e un calo in alcuni paesi del 30% della forza lavoro”.

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