In cosa deve migliorare l’istruzione italiana
I buoni propositi del governo Renzi potrebbero non bastare. Le dodici proposte per “la buona scuola”, presentate solo qualche giorno fa dall’esecutivo, dovranno forse essere implementate da iniziative che tengano conto delle osservazioni contenute nel rapporto Education at Glance dell’OCSE. Secondo chi ha stilato il dossier, in Italia il numero degli insegnanti (uno ogni dodici studenti) è ancora sopra la media OCSE (uno ogni quindici). Mentre l’insegnamento della matematica resta un problema ancora da risolvere: un laureato italiano possiede le stesse competenze matematiche di un diplomato in Giappone, Olanda e Finlandia. Ridurre il numero degli insegnanti, incrementare la qualità/quantità delle conoscenze matematiche, ma aumentare anche il numero dei laureati. Nel giro di pochi anni si è invece ridotta la percentuale dei giovani iscritti all’Università, scesa nel 2012 – dopo il 56% toccato nel 2005 – al 47%.
“Il finanziamento pubblico delle istituzioni di istruzione, a tutti i livelli complessivamente, è – rileva il rapporto – aumentato tra il 2000 e il 2011 in tutti i Paesi (all’eccezione dell’Italia)”. Il nostro Paese spende annualmente 9.990 euro per uno studente universitario. Le medie OCSE (13.958 euro) e UE a 21 (13.572) sono più alte. Non è quindi forse un caso se nell’elenco degli 800 atenei più prestigiosi al mondo (QS World University Rankings 2013), l’Università di Bologna – la migliore tra le 26 italiane presenti in classifica – si piazza ‘solo’ al 188° posto. Lontanissimo dal Massachusetts Institute of Technology, da Harvard University e dall’University of Cambridge. Rispettivamente al primo, al secondo e al terzo posto. Il totale della spesa pubblica per l’istruzione del nostro Paese, pari al 9% del totale, deve – necessariamente – tornare a crescere per colmare il divario che ci separa dai Paesi dell’OCSE e dell’Unione europea a 21, che rispettivamente investono il 13% e il 12% della spesa pubblica complessiva.
Tuttavia le buone notizie non mancano: secondo l’OCSE, il 72% degli studenti italiani ha conseguito il diploma di maturità (nel 2000, solo il 59% dei 25-34enni risultava diplomato). Così come è raddoppiata la percentuale dei 25-34enni laureati, ora al 22%. Una percentuale comunque ancora lontana da quella richiesta dal piano Europa 2020: il 40%.
Incrementare il numero dei laureati significa anche inserire nel mercato del lavoro persone con maggiori possibilità di trovare un impiego: “in media – rileva l’OCSE – oltre l’80% dei laureati svolge un’attività lavorativa, rispetto a meno del 60% degli adulti con livelli d’istruzione inferiore al secondario superiore”.