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Le multiproprietà nel mondo del calcio

di Mirko Spadoni

Ritiro Precampionato SS Lazio 2013/2014Claudio Lotito sostiene di avere degli ottimi motivi per chiedere la modifica dell’articolo 16-bis delle norme organizzative interne federali. Quello che “non ammette partecipazioni o gestioni che determinino in capo al medesimo soggetto controlli diretti o indiretti in società appartenenti alla sfera professionistica”. “La multiproprietà, da ammettere solo in campionati diversi, si fa preferire per tre motivi: tutela la vocazione dei territori, una tutela sociale a difesa dell’anima nostrana dei 100 campanili, rispetto alle seconde squadre di grandi club che toglierebbero spazio e risorse a società minori ma radicate; serve a incrementare i ricavi e a valorizzare i giovani”, ha spiegato soltanto qualche giorno fa il presidente della Lazio nelle vesti di consigliere federale.
“Per altro – ha proseguito Lotito, intervenendo in conferenza stampa a margine del consiglio federale di venerdì – è ammessa tra serie pro e Dilettanti. In caso di promozione e di compresenza, il doppio proprietario avrebbe 30 giorni per cedere il club neo-promosso”. L’attuale presidente di Lazio e Salernitana vorrebbe quindi introdurre così una modifica al regolamento italiano, che permette le multiproprietà seppure in una forma differente da quella proposta dal nuovo corso della Federcalcio.
I presidenti italiani non sono nuovi a situazioni del genere, già in passato molti di loro hanno occupato il vertice di più società contemporaneamente. La famiglia Gaucci fu proprietaria del Perugia in Serie A e della Viterbese in C1 fino al 2001 e poi di Perugia e del Catania, ceduto nel 2004 ad Antonino Pulvirenti. Una storia simile a quella di Franco Sensi, patron della Roma e del Palermo fino a quando – con la promozione dei rosanero dalla Serie C1 alla B nel 2000-2001 – la presidenza fu affidata a Sergio D’Antoni. Dal 1992 fino al 2000, l’allora presidente del Parma Calisto Tanzi – oltre a possedere il club emiliano – controllava anche il Palmeiras.
Le cose non sono cambiate neanche ai giorni nostri sia in Italia (la famiglia Pozzo è proprietaria dell’Udinese, del Granada in Spagna e del Watford, club inglese che milita in Championship) sia in Europa, dove peraltro la UEFA vieta la possibilità di possedere due o più squadre partecipanti nelle competizioni continentali. All’estero esistono esempi di multiproprietà – o partnership – ma tra club di Paesi diversi. Lo sceicco Mansour, proprietario del Manchester City, possiede anche una parte dei New York City FC, dei Melbourne Heart e recentemente ha acquistato una quota (il 20%) dello Yokohama F-Marinos. L’azienda Red Bull ha invece deciso di investire, acquistandone la proprietà per poi associarne il proprio brand, su molti club sparsi per il mondo: i New York Red Bulls, i Red Bull Salisburgo, i Red Bull Brazil e i Red Bull Lipsia in Germania. Casi come quello di Claudio Lotito, proprietario di due club professionistici grazie ad una deroga del regolamento, non ve ne sono.

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