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Obama gioca le ultime carte

di Fabio Germani

midtermIn calo nei sondaggi e nei gradimenti della popolazione statunitense, “evitato” almeno in un primo momento dai candidati della sua parte politica, Barack Obama ha giocato le sue ultime carte in vista del voto del 4 novembre del Midterm. E l’ultima carta del presidente è stato l’appello al voto delle donne. Martedì si voterà per il rinnovo dei 435 seggi della Camera e un terzo di quelli del Senato, 33 seggi, oltre che i governatori di 36 Stati su 50.
Alla Camera i Repubblicani dovrebbero – previsioni alla mano – confermare la maggioranza e ottenerla anche al Senato, al 95% delle possibilità secondo il Washington Post. Il problema per i Democratici non coinvolge tanto l’amministrazione Obama, comunque al termine del secondo mandato, bensì i futuri candidati alla Casa Bianca che potrebbero subire le ripercussioni negative del lavoro “azzoppato” dal Gop al Congresso. In verità si tratta di una situazione abbastanza normale a questo punto del secondo mandato, ma la prospettiva è ormai quella del 2016. Obama si è perciò visto costretto a tentarle tutte, puntando su lavoro e donne.
I dati economici dovrebbero però sorridere ai Democratici e all’amministrazione. Il Pil si attesta oltre le attese al 3,5%, i dati sulla disoccupazione sono ai minimi dai primi anni della crisi. A trainare la ripresa, tuttavia, è stato soprattutto l’export mentre cala, nota stonata, la domanda interna. È alle differenze di genere che si è riferito Obama, nel consueto discorso via radio del sabato: “Le donne devono avere una paga equa e devono avere le stesse possibilità di successo sul lavoro. Rappresentano la metà della nostra forza lavoro e meritano di potersi mettere in aspettativa per prendersi cura dei nuovi figli, di un genitore malato, o prendersi dei giorni di malattia. Le donne incinte meritano di essere trattate in maniera equa. Ancora oggi possono essere licenziate per essersi prese troppe pause, o vengono costrette a prendersi aspettative non retribuite. Questo è sbagliato, e abbiamo il dovere di scegliere politiche che assicurino che le donne in attesa di un bambino vengano trattate con dignità e rispetto”.
Tutto il mondo è paese, tanto che negli Stati Uniti – come anche in Italia – l’autoimprenditorialità femminile è cresciuta notevolmente, soprattutto per necessità. Tra il 1997 e il 2014 il numero di imprese femminili negli Stati Uniti è aumentato del 68%. La cattiva notizia, se così vogliamo definirla, è che l’impatto sull’economia non è poi così elevato e in circa dieci anni non è cambiato di molto. Questo accade perché spesso sono, addirittura nell’88% dei casi, ditte individuali. Le motivazioni che spingono molte donne a mettersi in proprio dipendono principalmente da due fattori: da un lato riuscire a coniugare al meglio vita professionale e vita familiare, dall’altro crearsi delle possibilità occupazionali altrimenti a rischio. La maggior parte delle donne, inoltre, come sottolineato dall’inquilino della Casa Bianca, guadagnano meno degli uomini per lo stesso lavoro, e poi c’è da considerare la discriminante razziale – ancora presente in talune realtà d’oltreoceano – per cui la differenza di retribuzione è più marcata tra le donne afroamericane e ispaniche.
Da qui la considerazione di Obama: “È costituita da donne la maggior parte dei lavoratori a basso salario, ma il Congresso in sette anni non ha voluto varare l’aumento del salario minimo a 10 dollari e 10 centesimi, un aumento di cui beneficerebbero 28 milioni di lavoratori, più della metà delle donne. Queste sono le politiche di buon senso che dovrebbero essere portate avanti”.
Basterà per risalire la china al momento del voto?

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