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Crisi occupazionale e posti vacanti

Il tasso di posti vacanti osserva le dinamiche del mercato del lavoro dal lato della domanda
di Fabio Germani

disoccupazione_giovani_lavoroIn Europa i posti vacanti sarebbero 20 milioni. A trainare la classifica dei paesi con più posizioni aperte è la Russia, che si attesta a 4.324.560 posti vacanti. A seguire la Germania con 3.740.000 e il Regno Unito con 1.976.145 figure professionali ricercate. Più in generale, nel mondo, se ne contano oltre 52 milioni.
Questi sono i numeri raccolti dall’algoritmo di Face4Job, studiato per la ricerca online di posizioni aperte e candidati. Il dato che sorprende, però, non riguarda la Russia, la Germania o il Regno Unito, bensì l’Italia. Già, perché il nostro paese si accoda con 1.339.730 posti vacanti. Come a dire: il lavoro c’è anche in Italia, per quanto possa sembrare una contraddizione in termini alla luce delle ultime rilevazioni Istat. Disoccupati di lunga durata, donne e giovani tra le categorie che più risentono negativamente della crisi occupazionale: vediamo, allora, cosa sta a significare nello specifico il tasso di posti vacanti.

Il tasso di posti vacanti è un indicatore molto importante, perché fornisce un’ulteriore chiave di lettura rispetto alla vitalità del mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione, infatti, tiene conto delle persone che un lavoro lo stanno cercando, senza però trovarlo. Tanto il tasso di disoccupazione, tanto il tasso di occupazione, rappresentano, dunque, la porzione di offerta (sulla forza lavoro), non soddisfatta o soddisfatta. Al contrario, il tasso di posti vacanti riguarda il lato della domanda, cioè delle figure professionali che servono alle imprese o di cui se ne evidenzia un certo grado di assenza. Tecnicamente, il tasso di posti vacanti è “il rapporto percentuale tra i posti vacanti e la somma di posti vacanti e posizioni lavorative occupate”.

A questo punto va anche chiarito che un alto tasso di disoccupazione non è necessariamente incompatibile con un numero più o meno elevato di posti vacanti. Le cause alla base di una tale, almeno in apparenza, discrepanza, possono essere molteplici. A cominciare dalla mancanza di competenze per un determinato ruolo. A seconda dei casi, perciò, l’indicatore sottolinea le eventuali lacune per le quali è necessario intervenire in formazione e istruzione (non mancano imprenditori che lamentano difficoltà nella ricerca delle competenze di cui hanno bisogno) oppure l’esigenza di migliorare i flussi informativi. Il tasso di posti vacanti, in definitiva, fotografa in un senso o nell’altro l’incontro di domanda e offerta di lavoro.

C’è un ultimo aspetto da considerare. Una fase recessiva è, in genere, foriera di un tasso di posti vacanti in diminuzione (in Italia, comunque, si attesta allo 0,5% secondo le rilevazioni Istat su imprese con almeno 10 dipendenti dell’industria e dei servizi). Questo perché la contrazione dell’economia crea aspettative negative nelle imprese, che adottano allora una riduzione della produzione. Dunque non si cerca personale, né si rende possibile l’apertura di nuovi posti. Al di là dei numeri diffusi da Face4Job, a settembre, nelle previsioni relative alla situazione economica del paese, l’Istat avvertiva a questo proposito che a causa della spirale negativa cui stiamo assistendo “il tasso di posti vacanti permane su livelli molto bassi, a sottolineare la prolungata scarsità di posti di lavoro disponibili che sembra divenire una caratteristica strutturale”.

(articolo pubblicato l’8 dicembre 2014 su Tgcom24)

 

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