L’incertezza economica fa calare i consumi
L’incertezza economica, il timore di una spesa imprevista, il lavoro che manca. Sono tante le motivazioni che in questi anni di crisi hanno spinto gli italiani a prendere determinate decisioni. Scelte che, almeno in parte, spiegano l’andamento negativo dei consumi. A tutto ciò si aggiunga una pressione fiscale delle famiglie in aumento, e si avrà allora un quadro esaustivo della situazione. Anche se c’è un 47% di italiani che ritiene alle spalle il picco negativo della crisi, tra il 2007 e il 2013 – così come registrato dal Censis nel consueto rapporto annuale – “tutte le voci delle attività finanziarie delle famiglie sono diminuite, tranne i contanti e i depositi bancari, aumentati in termini reali del 4,9%, arrivando a costituire il 30,9% del totale (erano il 27,3% nel 2007)”.
Il Censis rileva che a giugno 2014 questa massa finanziaria liquida è cresciuta ulteriormente, fino a raggiungere la quota di 1.219 miliardi di euro. In pratica le famiglie si tutelano: il 45% destina il proprio risparmio “alla copertura da possibili imprevisti” (perdita del lavoro o malattia). Si tenga in considerazione “la percezione di vulnerabilità” che secondo il Censis “porta il 60% degli italiani a ritenere che a chiunque possa capitare di finire in povertà”.
A vedere più positivo, seppur lievemente, è l’Osservatorio Prezzi e Mercati dell’Indis, l’istituto di Unioncamere specializzato in distribuzione e servizi. Per fine anno, infatti, è previsto una leggera crescita – +0,3% – dei consumi. Si dirà che il periodo coincide con le festività natalizie, ma anche in questo caso i segnali non sono dei migliori. Perché è vero che il Natale trainerà la ripresa dei consumi, ma è pur vero che in sette anni – dal periodo pre-crisi ad oggi – i consumi natalizi hanno subito un crollo del 45,5%. In termini di spesa una riduzione pari a 8,2 miliardi di euro, secondo le stime del Codacons.
Dunque non si tratta di una reale mancanza di liquidità, piuttosto di un’oculata gestione del denaro da parte delle famiglie. Un atteggiamento che può aiutare a comprendere perché il bonus Irpef (i famosi 80 euro in più in busta paga) non si è fin qui rivelato il miglior viatico alla ripresa dei consumi.
Nel secondo trimestre del 2014 il reddito disponibile delle famiglie consumatrici (cioè quanto si dispone al netto del prelievo fiscale) era diminuito dell’1,4% rispetto al trimestre precedente e dell’1,1% rispetto al corrispondente periodo del 2013 (dati Istat). Così il potere d’acquisto subiva un ulteriore calo rispetto al trimestre precedente (-1,4% e -1,5% sul 2013). Certo non è un caso se alcune specifiche misure del governo contenute in Legge di Stabilità, destinate soprattutto alle fasce di reddito più basse, hanno come obiettivo lo stimolo dei consumi.
Tale contesto provoca, tuttavia, una serie di comportamenti rispetto al reddito “permanente”, quello mediamente usufruibile. L’incertezza economica, infatti, non dà sicurezza alle famiglie sulla base delle aspettative correnti, atteggiamento oltremodo giustificato dalla costante diminuzione del reddito disponibile negli anni della crisi.
In conclusione, generalizzando, ciò a cui si sta assistendo, così come suggerito dal Censis, è una maggiore tendenza al risparmio, talvolta nonostante una migliore disponibilità di reddito (si torni all’esempio del bonus Irpef), anche a causa dell’incertezza del reddito da lavoro che in definitiva persiste. E gli imprevisti (appunto: perdita del lavoro o malattia), in fondo, sono sempre da mettere in conto.
(articolo pubblicato il 10 dicembre 2014 su Tgcom24)