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Con la crisi si risparmia di più

risparmioDa criteri oggettivi rilevati negli anni della crisi si sta passando a fattori sempre più soggettivi che, seppur comprensibili, non aiutano la ripresa se non incentivati da un ciclo economico favorevole. Si tratta di una peculiarità che sembra ormai mettere d’accordo tutti i principali istituti di ricerca o centri studi: l’incertezza economica rallenta i consumi e fa crescere il ricorso al risparmio.
I timori delle famiglie legati all’instabilità del mercato del lavoro, la paura di non riuscire ad affrontare una spesa imprevista (improvvisa malattia o problemi più o meno gravi) sono solo alcuni degli esempi che aiutano a comprendere meglio il comportamento dei cittadini. A scapito, si intende, dei consumi.
Si prenda a modello uno dei temi più inflazionati in questo periodo: i consumi natalizi. Associazioni di categoria e istituti di ricerca concordano nel ritenere quello alle porte un Natale “austero”, in cui si cercherà di risparmiare il più possibile sui regali (anche se meno sul cibo, si fa notare nell’ultima indagine di Coldiretti/Ixè). Con la possibilità che in molti casi le tredicesime, chi ne potrà usufruire, vengano destinate alle scadenze previste per le spese obbligate (tasse, bollette…).
A confermare un trend a questo punto consolidato è l’Abi (l’Associazione delle banche italiane): il risparmio delle famiglie è cresciuto di 44 miliardi di euro rispetto allo scorso anno, più precisamente da novembre 2013 a novembre 2014 con un incremento del 3,6%. Dall’inizio della crisi ad oggi la cifra corrisponderebbe a 196 miliardi di euro, a sottolineare come gli italiani ritengano l’accantonamento di somme più o meno consistenti un salvagente necessario per fronteggiare qualsiasi tipo di imprevisto.
Per propensione al risparmio si intende l’aumento del risparmio che deriva da una crescita del reddito disponibile: ecco, peraltro, dove potrebbero essere finiti gli 80 euro in più in busta paga (bonus Irpef) che, come osservato da più parti, non si sono ancora tradotti in consumi.
Si tenga conto di un ulteriore indicatore, snocciolato in questi giorni dalla Banca d’Italia: nel 2013 la ricchezza delle famiglie italiane è calata dell’1,4% rispetto all’anno precedente. In cifre 123 miliardi di euro a causa soprattutto della svalutazione delle case che, insieme alle altre componenti delle attività reali (case, appunto, ma anche terreni ad esempio), rappresentano il 60% della ricchezza lorda. Dunque, considerate le diverse variabili (nel computo vanno annoverate anche le attività finanziarie quali depositi, titoli e azioni), a fine 2013 la ricchezza netta delle famiglie era di 350 mila euro (7,9 volte il reddito disponibile lordo) e oltre 140 mila euro pro capite, mantenendosi comunque su livelli più alti di Germania e Stati Uniti e in linea con Francia, Giappone e Regno Unito.
Anche Bankitalia, poi, ha rilevato, proprio nel 2013, una crescita del risparmio, dopo una costante discesa durata otto anni, a 46 miliardi rispetto ai 34 dell’anno precedente.
La percezione del rischio e dell’incertezza influisce molto sulle decisioni delle famiglie consumatrici. E questione centrale è la sicurezza del posto di lavoro o la convinzione di trovare un impiego in tempi rapidi. In questo senso fanno sperare, almeno un po’, le stime di Confindustria, che sul fronte occupazionale prevedono dei miglioramenti nel 2015 anche se, va precisato, la domanda di lavoro aumenterà progressivamente durante l’arco del prossimo biennio.
In particolare si stima che il tasso di disoccupazione si attesterà al 12,6% nel 2016 (oggi è oltre il 13%), mentre il tasso di occupazione tornerà a crescere dalla primavera 2015. Si ricordi che il numero di persone a cui manca il lavoro, in tutto o in parte, come sottolinea il Centro Studi di Confindustria, “ha raggiunto gli 8,6 milioni la scorsa estate”.

(articolo pubblicato su Tgcom24 il 22 dicembre 2014)

 

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