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App economy: un settore su cui l’Italia investe poco

Alla base dei mancati investimenti ci sono mancanza di competenze, vincoli di bilancio e scarsa consapevolezza del potenziale remunerativo
di Matteo Buttaroni

smartphoneChe si usino per disegnare, ascoltare musica, fare shopping, lavorare o semplicemente giocare, le app sono ormai il fiore all’occhiello del settore hi-tech. E mentre c’è chi, come la Deloitte, vede ormai un mercato saturo, c’è anche chi, come l’Osservatorio Itc del Politecnico di Milano, prevede ampi spazi di crescita. Anche per l’Italia.
I numeri raccolti dalla Deloitte sembrano voler sottolineare una perdita di verve da parte del settore. In realtà i dati, che indicano un calo nel numero medio di applicazioni scaricate dall’utente ogni mese (dalle 2,32 del 2013 alle 1,82 del 2014), sono la conseguenza dell’aumento di utenti smartphone over 50, una categoria meno avvezza al download di applicazioni.
Si tratta di un segmento che nel 2013 ha generato un fatturato di 25 miliardi di dollari. Come in molti settori la maggior parte del giro d’affari è legato ad una fetta ristretta di aziende: secondo l’indagine di VisionMobile l’1,6% degli sviluppatori guadagna più del rimanente 98,4%.
A dimostrarlo è anche uno studio di MidiaResearch ripreso dal The Guardian. Dall’analisi, che prende in considerazione le 700 applicazioni più scaricate, emerge che l’81% di queste è stato sviluppato da solo 50 aziende e in quasi la totalità dei casi si tratta di giochi freemium, ovvero giochi gratis che però prevedono l’acquisto di contenuti in-app come vite, livelli o denaro.
In tutto ciò l’Europa si sta muovendo bene. Tanto per fare un esempio: 40 delle prime 100 app per fatturato sono state create da 28 aziende europee (per esempio la finlandese Rovio di Hungry Bird’s o la britannica King.com di Candy Crush. Entrambe app freemium).
Stando al report condotto da Gigaom per l’Unione europea entro il 2018 il settore varrà circa 63 miliardi di euro (per una crescita del 260% rispetto al 2013) e darà lavoro a 4,8 milioni di persone (+167%). Importante sarà il ruolo delle inserzioni pubblicitarie che trovano proprio nelle app freemium la loro terra promessa.
Nel 2013 il giro d’affari europeo delle App si è attestato intorno ai 15 miliardi di euro, mettendo a segno una crescita del 12% sull’anno precedente. Dei 670 mila posti di lavoro associati a questo tipo di mercato, circa 406 mila (due su tre) sono occupati da sviluppatori.
Anche per questo settore l’Italia arriva in ritardo rispetto ai principali paesi concorrenti. Secondo Net Consulting il valore dell’intero segmento italiano è di circa 300 milioni di euro (un terzo dell’intero giro d’affari generato dal comparto software), di cui 112 milioni sono legati esclusivamente ala vendita di app.
Il problema tutto italiano è ancora una volta legato ai pochi investimenti in uno strumento ad alto potenziale remunerativo. Le aziende che si sono avvalse delle app, prese in esame a livello mondiale da CA Technologies (colosso della produzione di software aziendali), hanno registrato, grazie ad una maggiore interazione con i propri consumatori, una crescita del fatturato in media del 106% e una crescita degli utili del 68%. Dall’analisi è emerso poi che, mentre le aziende interpellate hanno rilasciato in media sei app nel corso del 2013, in Italia il dato scende a 3,9. In Germania, Spagna e Regno Unito più del doppio.
Questo perché nel 27% dei casi le imprese italiane peccano semplicemente di scarsa consapevolezza del reale impatto che avrebbero le app nel proprio mercato, nel 25% perché si riscontrano grandi difficoltà nel cambiare le strategie societarie e nel 23% perché mancano le competenze. I vincoli di bilancio sono invece alla base della rinuncia del 33% delle imprese italiane. Tuttavia l’86% prevede un aumento degli investimenti indirizzati a questo nuovo strumento.

(articolo pubblicato su Tgcom24 il 31 dicembre 2014)

 

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