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Le aziende agricole in Italia

agricoltura_giovaniSpesso l’agricoltura è stata descritta come uno dei settori economici che, meglio di altri, ha saputo reggere l’urto della crisi. L’agricoltura in Italia conta all’incirca 1,2 milioni di occupati e, in particolare nel secondo trimestre del 2014, le assunzioni sono cresciute del 5,6% (un assunto su quattro, inoltre, ha meno di 40 anni). Allo stesso modo tanti under30 si sono scoperti imprenditori negli anni della crisi puntando su aziende agricole o attività simili.
In verità, come avvenuto in altri ambiti, la crisi si è fatta sentire anche in agricoltura e nel 2013 si è assistito ad una quota rilevante di persone che hanno perso il lavoro. Procediamo con ordine. In Italia la coltivazione del terreno costituisce il principale orientamento produttivo aziendale. L’81% delle aziende è specializzata in coltivazioni, di cui il 55% in colture permanenti. L’8,6% delle aziende si dedica all’allevamento di erbivori o granivori e il 9% sono aziende miste con combinazione di policolture, poliallevamenti e colture e allevamenti (i dati dell’Istat fanno riferimento al Censimento del 2010 e sono contenuti nell’Annuario statistico italiano 2014). In termini economici, il valore della produzione nazionale ammonta a circa 50 miliardi di euro, che per il 51,8% viene prodotto dalle 397 mila aziende del Nord.
L’80% delle aziende agricole italiane presenta un livello di produzione standard in definitiva contenuto, al di sotto dei 25 mila euro, e di queste il 30,5% non supera i 2 mila euro. Al contrario le aziende con oltre 50 mila euro di produzione rappresentano l’11% e al Nord risulta più elevata la quota di aziende con un valore di produzione standard al di sopra dei 25 mila euro.
Nel 2012, viene spiegato nell’annuario statistico, il prodotto medio di ciascuna azienda agricola è di circa 26.300 euro (di cui il 94,8% commercializzato), con un risultato lordo di gestione pari a circa 14.100 euro per impresa. Una quota consistente della produzione (91,9%) e del valore aggiunto (91,6%) proviene da aziende specializzate, che rappresentano l’89,3% del totale. Le aziende orientate agli allevamenti (8,8% del totale) sono invece quelle con i più alti valori medi e le migliori performance in termini di produttività del lavoro e redditività.
Anche le attività che, per convenienza, potremmo definire “parallele” non vanno male. È il caso degli agriturismi, tra le mete vacanziere più gettonate durante le recenti festività natalizie secondo Coldiretti. Nel 2012 il numero di aziende agrituristiche si confermava superiore alle 20 mila unità, per la precisione 20.474 (+0,3% rispetto all’anno precedente). Si tratta di un modello di business interessante, considerando che un’azienda autorizzata può svolgere una o più attività agrituristiche. Partendo da questo presupposto si rilevano 16.906 aziende con alloggio, 10.144 con ristorazione e 3.449 con degustazione mentre 11.982 sono le aziende con altre attività agrituristiche. L’attività agrituristica, pure in questo caso, si concentra più al Nord (46,7%), poi al Centro (34,6%) e infine al Mezzogiorno (18,7%).
Capitolo occupazione e costo del lavoro. Per quanto quello agricolo sia uno dei settori che negli ultimi anni ha visto crescere il numero di persone addette, nel 2013 gli occupati sono calati di circa 54.000 unita (-4,2%), in quantità maggiori la componente femminile (-6,7%, contro il -3,2% degli uomini). Gli occupati, viene evidenziato nell’Annuario dell’agricoltura italiana dell’Inea (Istituto nazionale di economia agraria), diminuiscono di più “dove maggiore è il loro peso”, cioè nel Nord-est (-9,9%) e nel Mezzogiorno (-4,1%), mentre rimangono invariati nel Centro e nel Nord-ovest. Rispetto al totale dell’economia, il peso dell’occupazione in agricoltura rappresenta il 3,6%, mentre il 69,1% degli occupati è impiegato nei servizi e il 27,3% nell’industria.
Per quanto riguarda il costo del lavoro, l’Istat rileva che nelle aree settentrionali le aziende assorbono il 25,7% del lavoro dipendente e sostengono il 33,7% del costo del lavoro complessivo, mentre la loro quota di margine operativo lordo (Mol) risulta pari al 50,1% del totale. La quota del costo del lavoro del Mezzogiorno è invece molto più elevata, pari al 54,4% del totale nazionale, con una quota di Mol decisamente più bassa, pari al 36,4%.
C’è da osservare, infine, la crescita del ricorso alla manodopera straniera (anche extracomunitaria). Nota l’Inea che già l’Istat rileva una presenza significativa, pari al 13,6% del totale degli occupati in agricoltura. Ma, tenuto conto delle componenti “non regolare” e di natura “occasionale”, la partecipazione risulta massiccia (quasi il triplo, suggerisce l’Inea) e in aumento (+12%).

(articolo pubblicato il 5 gennaio 2015 su Tgcom24)

 

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