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Le madri e il mercato del lavoro

donne_lavoro_famigliaIl mercato del lavoro è caratterizzato da una minore partecipazione della componente femminile. Tante sono le donne che non hanno un’occupazione, molte altre sono quelle che – una volta diventate madri – sono costrette a rinunciarvi. A dicembre, secondo i più recenti dati ISTAT, il tasso di occupazione femminile è aumentato dello 0,1%, salendo al 46,8% (contro una media UE del 58,8%). Quello maschile, ricordiamo, è al 64,7%. Il mercato del lavoro è caratterizzato quindi da una minore partecipazione della componente femminile, con effetti sull’economia del Paese (il mancato contributo delle donne al mercato del lavoro ha un impatto negativo sul Prodotto interno lordo secondo diversi studi condotti sul tema).
Una volta ottenuta un’occupazione, le donne devono fare i conti con un sistema caratterizzato da forti disuguaglianze di genere: a parità di condizioni, ad esempio, gli uomini percepiscono all’incirca il doppio rispetto alle colleghe. Nel 2014 ad una donna è così spettato il 48% dello stipendio medio di un uomo.
Una paga mediamente inferiore non è l’unica questione ancora irrisolta, tra queste rientra sicuramente l’assenza di tutele garantite sul luogo di lavoro – problema a cui già la riforma Fornero ha cercato di trovare una soluzione, con un attenzione particolare alle dimissioni in bianco (quella pratica che obbliga un dipendente a firmare una lettera di licenziamento o di dimissioni spontanee al momento dell’assunzione) – riguardo maternità e interruzione dell’attività lavorativa.
Tante sono le donne che, una volta terminata la gravidanza, perdono il posto di lavoro: nel 2012, come rilevato dall’ISTAT nel report Avere figli in Italia negli anni 2000, oltre il 22% delle madri intervistate occupate all’inizio della maternità, non lo era più a circa quarantotto mesi dalla nascita del bambino.
Le difficoltà non mancano comunque anche per chi riesce a non perdere la propria occupazione: il 42,8% delle madri, che hanno continuato a lavorare, ha ammesso di avere dei problemi nel conciliare gli impegni lavorativi con quelli familiari. La nascita di un bambino implica, del resto, una riorganizzazione della vita sotto ogni punto di vista.
Dal rapporto emerge un dato che possiamo definire positivo: conseguire un titolo di studio di alto livello (come una laurea, ad esempio) non offre alle donne soltanto maggiori possibilità di trovare un’occupazione, ma consente loro – una volta diventate madri – di mantenerla: chi ha conseguito una laurea perde o lascia il proprio posto di lavoro nel 12,2% dei casi, spiega l’ISTAT.
Del resto, il titolo di studio è un fattore importante per la partecipazione al mercato del lavoro per chiunque: secondo l’ultimo rapporto Education at a Glance dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione economica e sociale) mediamente ‘soltanto’ il 5,3% dei laureati non ha un’occupazione (percentuale che sale al 16% in Italia) contro il 13,7% di chi ha conseguito un diploma.

(articolo pubblicato il 3 febbraio 2015 su Tgcom24)

 

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