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Cosa ci si aspetta dagli accordi di libero scambio

di Mirko Spadoni

export2È possibile sintetizzare il pensiero di Cecilia Malmstrom in poche parole. Secondo il commissario europeo al Commercio, l’attenzione di Bruxelles non è rivolta solo al negoziato di libero scambio con gli Stati Uniti (il Transatlantic Trade and Investment) che, per quanto importante per i suoi possibili effetti economici, non rappresenta comunque l’unico accordo bilaterale sul quale sta lavorando l’Unione europea. Se concludesse con successo tutti i negoziati bilaterali ancora in corso, tra i quali spicca quello con gli Stati Uniti (il cosiddetto Transatlantic Trade and Investment Partnership, Ttip), l’Unione europea aumenterebbe la propria produzione del 2,5% ovvero 250 miliardi di euro l’anno. Quanto l’economia danese o austriaca, ha osservato Malmstrom.
Attraverso questi negoziati, l’Unione europea intende rafforzare/mantenere la propria influenza economica, che suo malgrado è destinata a diminuire: nei prossimi decenni, ha puntualizzato Malmstrom, il 90% della crescita globale arriverà da fuori. Sottoscrivere un accordo di libero scambio – così come il Ttip, ad esempio – può essere una soluzione per rimanere competitivi e garantirsi soddisfacenti tassi di crescita.
Un accordo di libero scambio comporta, infatti, l’annullamento di tutto ciò che limita il commercio tra i firmatari. Di norma vengono così abolite le barriere tariffarie (i dazi doganali, ad esempio) e non tariffarie (Non Tariff Barriers), che consistono in misure di protezione che hanno l’obiettivo di ridurre le importazioni o le esportazioni (qualche esempio: quote all’import, restrizioni quantitative, barriere tecniche e di standard). Con un accordo di libero scambio, in pratica, si fa quanto basta per incentivare l’incremento del volume di scambi tra le parti contraenti.
Secondo alcuni studi, a trarre beneficio dal Ttip, con cui si vuole semplificare anche l’accesso a servizi e appalti pubblici, sarebbero tanto l’Unione europea quanto gli Stati Uniti. Qualche esempio? Per il Center for Economic Policy Research di Londra, le esportazioni europee verso gli States aumenterebbero in maniera consistente: gli analisti stimano una crescita del 28% (circa 187 miliardi di euro). Le esportazioni europee complessive crescerebbero così del 6%. Quelle statunitensi, invece, dell’8%.
Ma il Ttip, precisano gli analisti, avrebbe effetti (positivi) anche sul fronte occupazionale (con un milione di nuovi posti di lavoro negli Stati Uniti e 141 mila in Italia, secondo la Fondazione Bertelsmann) e sull’economia mondiale: il Pil globale crescerebbe tra lo 0,5 e l’1%, circa 119 miliardi di euro. L’intesa tra Stati Uniti ed Ue, inoltre, genererebbe del reddito extra (545 euro l’anno) per ogni famiglia europea composta da quattro persone, osserva il Center for Economic Policy Research di Londra. D’altronde un accordo di libero scambio non ha un impatto solo sull’export. Ma stimola, ad esempio, anche la concorrenza internazionale che, sommata ad una maggiore disponibilità di beni intermedi ad un costo probabilmente più conveniente, agevola l’innovazione.

(articolo pubblicato il 30 marzo 2015 su Tgcom24)

 

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