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Il divario retributivo tra uomini e donne

di Mirko Spadoni

donne_lavoroQuella sollevata da Papa Francesco alcuni giorni fa è una questione ancora irrisolta. Ad oggi, infatti, le donne percepiscono a parità di lavoro una retribuzione più bassa dei colleghi uomini. Un puro scandalo, secondo il Pontefice. Che, in occasione del 1° maggio, ha voluto denunciare un fenomeno comune a tutti i Paesi dell’Unione europea.
Secondo uno studio dell’Eurostat, nell’Unione europea il differenziale retributivo di genere – ovvero la differenza media tra la retribuzione oraria lorda di uomini e donne – è di poco superiore al 16%. In pratica, una lavoratrice per poter ottenere un compenso uguale a quello di un collega uomo dovrebbe lavorare 59 giorni in più. Eppure colmare il divario retributivo di genere è una delle priorità dei maggiori Paesi del Vecchio continente fin dal Trattato di Roma del 1957, che istituì la Comunità economica europea.
Del resto il divario salariare incide sul reddito delle donne lungo tutto l’arco della vita: ad un basso stipendio corrisponde una pensione altrettanto bassa. E così le donne sono maggiormente esposte al rischio di povertà in vecchiaia: nel 2012, rilevava l’Eurostat, la percentuale di donne con più di 65 anni a rischio di povertà raggiungeva il 21,7% contro il 16,3% degli uomini.
Elementi sufficienti per comprendere il perché dei continui inviti ad eliminare le disparità salariali da parte di Bruxelles, che ha accolto con prudenza i modesti segnali di miglioramento avvenuti dal 2011, anno in cui è stata istituita la Giornata per la parità retributiva. Nel 2014, infatti, il divario salariale nell’Ue si è attestato al 16,4% contro il 17,5% del 2011. Tuttavia, oltre ad essere molto lieve, il livellamento salariale potrebbe essere dovuto a fattori diversi dall’aumento della retribuzione femminile.
A detta della Commissione europea, infatti, potrebbero aver inciso tanto l’incremento della percentuale di lavoratrici con un più elevato livello di istruzione quanto gli effetti negativi della crisi economica. Quest’ultima ha danneggiato principalmente quei settori dove prevale la manodopera maschile (si veda il comparto edile, ad esempio).
In Italia, almeno a giudicare dai dati, le cose sembrano andare meglio che altrove. Nel nostro Paese, infatti, il differenziale retributivo di genere è più basso rispetto alla media europea: il 6,7% contro il 16%. Eppure recentemente la situazione è peggiorata parecchio: nel 2008 la differenza media tra la retribuzione oraria di uomini e donne era pari al 4,9%. Ma il campione, sottolineano alcuni analisti, esclude molte lavoratrici con un livello di istruzione e di salario più basso.

(articolo pubblicato il 30 aprile 2015 su Tgcom24)

 

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