Quanto è costata la crisi ucraina, secondo Nemtsov
Boris Nemtsov ha curato un rapporto che difficilmente sarebbe piaciuto al presidente russo Vladimir Putin. Si tratta di un report postumo: considerato uno dei principali oppositori del Cremlino, Nemtsov è stato ucciso a Mosca il 27 febbraio scorso e per il cui assassinio sono stati arrestati cinque cittadini ceceni.
Il giorno scelto per la diffusione del rapporto, scritto anche grazie alla collaborazione del direttore Ricerche macroeconomiche all’Alta Scuola di economia di Mosca Serghej Alaksashenko, non è (forse) casuale: martedì 12 maggio era in programma un incontro a Sochi tra il presidente russo, Vladimir Putin, e il segretario di Stato statunitense, John Kerry. Un incontro che, se si considerano i recenti e tesi rapporti tra i due Paesi sulla crisi ucraina, che coinvolge il governo di Kiev e i ribelli filo-russi, assume una valenza particolare. Nel report, lungo 64 pagine e stampato (momentaneamente) in sole tremila copie, gli autori raccontano la storia di 220 soldati russi uccisi in Ucraina orientale, 70 dei quali a Debaltseve e il resto a Ilovasysk. Morti sulle quali Mosca avrebbe voluto mantenere il più assoluto riserbo, pagando il silenzio dei familiari delle vittime: secondo Nemtsov, le famiglie dei caduti avrebbero ricevuto fino a due milioni di rubli ciascuna (35 mila euro). Oltre a smentire sostanzialmente la versione ufficiale del Cremlino, che da sempre nega il coinvolgimento dei suoi militari nel conflitto tra Kiev e i separatisti filo-russi, Nemtsov ha fatto i conti in tasca alla Russia. Dieci mesi di guerra in Ucraina sarebbero costati 53 miliardi di rubli (circa un miliardo di euro): sette miliardi sarebbero stati usati per mantenere e riparare gli armamenti, altri 21 miliardi sarebbero stati utilizzati per il mantenimento dei seimila soldati impegnati nel conflitto ucraino al fianco dei separatisti filo-russi, alcuni dei quali – circa 30 mila, secondo il rapporto – sarebbero stati addestrati a spese di Mosca, disposta a sborsare 25 miliardi di rubli. Le voci di spesa non si esauriscono qui, però: la Russia avrebbe usato 80 miliardi di rubli per i profughi scappati nelle regioni Donetsk e Luhansk. Ma c’è di più. Perché anche l’annessione della Crimea ha avuto un costo, osserva il rapporto. Secondo cui, complici le sanzioni disposte dalla comunità internazionale e l’embargo alimentare, i russi hanno subìto riduzioni salariali e perso parte dei loro risparmi per una cifra vicina ai 2.750 miliardi di rubli.
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