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Quanto costa “l’emergenza” migranti

di Mirko Spadoni

lampedusa_sbarchi_immigrazioneIl presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha dettato a Regioni e sindaci la linea da seguire. “I richiedenti asilo si accolgono, i migranti economici vengano rimpatriati”, ha spiegato il premier all’apertura dell’incontro con le Regioni di giovedì. Il destino dei “migranti economici” sarà lo stesso di quelli che in passato, non avendo diritto all’accoglienza, sono stati rimpatriati. Secondo un’inchiesta del consorzio di giornalisti europei Migrant’s Files, nell’arco di 15 anni, i Paesi dell’area Schengen – ovvero gli Stati membri dell’Unione europea più Norvegia, Liechtenstein, Svizzera e Islanda – hanno sborsato almeno 11,3 miliardi di euro per i rimpatri, che non rappresentano l’unica voce di spesa. Del resto anche la prevenzione ha i suoi costi: Frontex, l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Ue istituita nel 2004, è costata circa un miliardo di euro. Mentre i centri di coordinamento del sistema di scambio di informazioni Eurosur, gestito da Frontex, costano complessivamente 200 milioni. Sforzi economici che non hanno impedito agli scafisti di fare la spola tra le coste dell’Africa e dell’Europa e di incassare complessivamente 16 miliardi di euro, approfittando della disperazione dei migranti. La maggior parte dei quali, una volta raggiunta l’Europa meridionale, prosegue il proprio viaggio verso i Paesi del Nord. I dati raccolti dall’Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, lo dimostrano ampiamente. Scopriamo così che, delle 185 mila richieste di asilo (+86% su base annua) presentate nel primo trimestre del 2015 nell’Ue, l’Italia ne ha ricevute soltanto 15.245 (251 richieste per ogni milione di residenti, in pratica). Niente a che vedere con quanto accaduto altrove. In Germania, Ungheria e Francia sono state presentate (rispettivamente) 73.120, 32.810 e 14.770 richieste d’asilo, a dimostrazione del fatto che la penisola italiana rimane una delle mete meno ambite dai migranti.
Al di là del numero di richiedenti asilo, il nostro rimane – insieme a Grecia e Spagna – un Paese di frontiera, un approdo per chi proviene dall’Africa. Martedì scorso, durante un’audizione davanti la commissione Affari costituzionali del Senato sul tema dell’immigrazione, il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha fornito qualche numero sul numero dei migranti attualmente accolti nel nostro Paese (circa 78 mila) e sul loro dislocamento. Quasi 48 mila immigrati sono ospitati nelle strutture temporanee di accoglienza, altri 20 mila nei centri del Sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) e circa 10 mila hanno trovato accoglienza nei centri governativi: i Centri di accoglienza per i richiedenti asilo (Cara), i Centri di primo soccorso e accoglienza (Cpsa) e i Centri di accoglienza (Cda). Esistono, poi, anche i Centri di accoglienza straordinaria (Cas). I migranti che non fanno richiesta di protezione internazionale o non ne possiedono i requisiti vengono trattenuti nei centri di identificazione ed espulsione (Cie).
Ovviamente tutto ciò ha un costo. Attingendo dal Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, l’Italia spende solitamente 35 euro al giorno per ogni richiedente asilo ospitato dai Cas, Cara o dal Sprar. Scriviamo ‘solitamente’ perché non si tratta di un importo fisso definita per legge, ma può variare. Tuttavia soltanto una piccolissima parte – 2,50 euro al giorno – consiste nel cosiddetto pocket money, che viene assegnato direttamente ai migranti. Tutto il resto del denaro viene dato ai gestori dei centri di accoglienza, per sostenere le spese necessarie al mantenimento del centro e dei migranti.

 

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