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Perché investire nel capitale umano

disoccupati_precari_lavoroUno dei problemi più gravi rispetto all’andamento del mercato del lavoro è quello che comprende i cosiddetti working poor, ovvero i poveri che lavorano, forzando un po’ la traduzione. Una platea che è cresciuta negli anni della crisi, tra partite Iva e part-time involontari, ma allo stesso tempo un ritardo non solo italiano.
Nello specifico vengono definiti working poor coloro con un basso livello di reddito. Un recente studio del Consiglio nazionale per l’economia e il lavoro (Cnel) li aveva quantificati in Italia in due milioni solo tra i dipendenti, 756 mila tra gli autonomi. La ripartizione riguarda, soprattutto, giovani, donne e stranieri.
Tuttavia, come ricorda tra gli altri la Svimez nel suo rapporto sul Mezzogiorno, sulla base dei redditi rilevati nel 2013 dall’Istat, in Italia risulta essere a rischio di povertà il 18,1% delle persone, con una differenza territoriale che non passa inosservata. Nel Centro-Nord è a rischio di povertà una persona su dieci, al Sud una su tre.
Non è un problema esclusivamente italiano, dicevamo. Anzi, nel nostro paese la quota di working poor tra i lavoratori dipendenti era più bassa rispetto alla media europea. Nel 2010, ad esempio, si attestava al 12,4% dei dipendenti quando la media Ue era al 17% e quella dell’eurozona al 14,8%.
Secondo la Commissione europea i paesi che offrono posti di lavoro di qualità e adeguate tutele sociali sono quelli che hanno, guarda caso, mostrato una maggiore “resilienza” alla crisi economica (rapporto su occupazione e sviluppi sociali in Europa 2014). Stando a recenti stime di Bruxelles in Italia è in difficoltà il 40% dei nuclei appartenenti alla fascia più bassa di reddito.
In questo senso, dunque, raccomanda l’esecutivo Ue, è fondamentale l’investimento nel capitale umano. Bisogna tenere conto di due elementi, infatti: l’invecchiamento le a contrazione della popolazione nell’Unione. Partendo da qui diventa importante incentivare la produttività e scongiurare la disoccupazione di lunga durata (la condizione che interessa chi è in cerca di lavoro da un anno o più).
Investire in capitale umano, a sua volta, significa assicurare alle persone gli strumenti e le competenze non solo per affrontare il presente, ma anche allo scopo di acquisire capacità che possano tornare utili nell’arco dell’intera vita lavorativa. A patto, però, che si creino “posti di lavoro qualitativamente validi, così da avere una forza lavoro più produttiva”.

(articolo pubblicato il 7 agosto 2015 su Tgcom24)

 

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