I giovani i più in difficoltà nel mercato del lavoro
Buone notizie sul fronte dell’occupazione dopo la diffusione degli ultimi dati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps, nello specifico per quanto riguarda i nuovi contratti a tempo indeterminato. Ma il mercato del lavoro italiano presenta ancora dei punti di debolezza.
I dati diffusi dall’Inps, dunque, possono essere valutati con favore e rappresetano l’efficacia, in questo senso, degli sgravi contributivi sui nuovi assunti in aggiunta al Jobs Act (e alle tutele crescenti in particolare). Il premier Matteo Renzi ha recentemente parlato di “incentivo”, ragion per cui la misura verrà abbandonata – del tutto nel 2018 – per fare posto ad un provvedimento di tipo strutturale sull’abbassamento del costo del lavoro.
Tuttavia non si possono prendere in considerazione i numeri di Unimpresa secondo cui le persone a rischio povertà sono aumentate da giugno 2014 a giugno 2015, raggiungendo la cifra di oltre nove milioni di italiani in difficoltà. Oltre ai tre milioni (e più) di disoccupati, l’associazione considera la platea dei cosiddetti working poor tra i lavoratori atipici (che sono, all’incirca, sei milioni). Secondo i conti di Unimpresa i contratti a tempo determinato riguardano 740 mila persone quelli part time e 1,66 milioni quelli a tempo pieno. Poi ci sono gli autonomi part time, che sono 802 mila, e i collaboratori che sono 349 mila. Infine i contratti a tempo indeterminato part time: 2,5 milioni.
In definitiva, a ben vedere, il nostro mercato del lavoro appare ancora abbastanza disomogeno. Si ricorre spesso al lavoro a termine, nonostante gli incentivi ad assumere a tempo indeterminato. E il problema continua a coinvolgere soprattutto i giovani.
L’Ocse afferma che spesso è la mancanza di competenze richieste dal mercato a impedire loro di trovare un impiego, una circostanza che in Italia si verifica anche a causa del costante abbandono scolastico. E negli anni della crisi sono cresciuti divari di questo tipo costringendo il nostro paese a perdere posizioni.
In generale risulta stabile al 6,8% ad agosto il tasso di disoccupazione nell’area Ocse, -1,3 per cento rispetto a gennaio 2013. I disoccupati sono perciò 41,5 milioni, 7,5 milioni in meno (sempre rispetto a gennaio 2013), ma 6,9 milioni in più da luglio 2008, poco prima cioè dell’inizio della crisi. Nell’Eurozona il tasso di disoccupazione si attesta all’11%, mentre scende dello 0,2% e si attesta al 5,1% negli Stati Uniti.
E torniamo ora ai giovani (15-24enni): nel complesso il tasso di disoccupazione cala, per il secondo mese consecutivo, di 0,3 punti, fermandosi al 13,7%. Si tratta del livello minimo da ottobre 2008, ma se negli Stati Uniti la diminuzione è dello 0,7%, nell’Eurozona è aumentato dello 0,1%. E in Italia, in particolare, è tornata a crescere fino al 40,7%, dopo il calo di quasi tre punti registrato tra giugno e luglio.
Ma non è tutto. Nel rapporto in cui l’Ocse affronta il tema dell’occupazione giovanile Oecd Skills Outlook 2015, si spiega anche che l’Italia è tra i paesi che presenta maggiori ostacoli: il 52,8% nella fascia di età 25-29 anni ha un lavoro, quando negli altri paesi di riferimento la quota si attesta al 73,7%. I paesi che evidenziano un importante numero di giovani occupati sono l’Olanda (81,7%), l’Austria (81,4%) e il Giappone (81,2%).