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Commercio: aumenta la natalità delle imprese

commercio_al_dettaglioSegnali positivi non mancano: secondo l’Outlook 2015 Confcommercio-Censis, per la prima volta dall’inizio della crisi economica, le famiglie che hanno aumentato la propria capacità di spesa sono più numerose di quelle che l’hanno ridotta. A trarne vantaggio – l’alta quota delle famiglie che non riesce a coprire tutte le spese con il proprio reddito resta un’incognita – potrebbero essere tanto i consumi, la cui ripresa è ancora modesta, quanto i commercianti, che hanno vissuto momenti difficili negli anni della crisi.
Secondo un’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio, però, nel 2015 la natalità delle imprese nel commercio è aumentata, anche se il numero delle cessazioni rimane superiore a quello delle iscrizioni. Nei primi nove mesi del 2015, il saldo complessivo dell’Area Confcommercio (commercio, turismo, servizi alle imprese e alle persone, trasporti e logistica) è stato negativo per 41.300 imprese. In leggero miglioramento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, quando il saldo fu negativo per circa 49 mila imprese.
Le nuove iscrizioni nell’Area Confcommercio e nel commercio al dettaglio, uno dei settori maggiormente colpiti dalla crisi economica, sono aumentate rispettivamente dell’1,6 e dell’1,7%: tassi di crescita superiori al totale dell’economia, cresciuto dello 0,5%.
Un primo, timido segnale di ripresa da parte dei commercianti che, complice il crollo dei consumi – per Federconsumatori e Adusbef, dal 2008 a oggi, le famiglie hanno ridotto i propri acquisti di 3.142 euro –, hanno vissuto momenti difficili. Per alcuni di loro, la crisi economica si è rivelata fatale – dal 2012 oltre 300 mila imprese (tra negozi e pubblici esercizi) hanno cessato l’attività, ricorda Confesercenti – mentre altri esercizi commerciali hanno deciso di seguire un percorso alternativo: il commercio ambulante.
Non tutti l’hanno fatto nel pieno rispetto delle regole, però. Secondo una stima di Anva Confesercenti, l’Associazione del commercio su aree pubbliche, in Italia le attività di commercio ambulante irregolari sono 100 mila. Si tratta di un numero consistente di commercianti, a cui si rivolgono molti consumatori (queste attività “irregolari” fatturano 1,8 miliardi di euro l’anno), e sottraggono al fisco 941 milioni di euro ogni anno.

 

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