L’andamento dell’export italiano
Negli anni della crisi l’export – soprattutto – ha tenuto a galla la nostra economia. Molte imprese, nonostante le difficoltà, hanno mostrato una dinamicità tale da migliorare la propria posizione, a conferma di un Made In Italy che rimane sinonimo di qualità in tutto il mondo. Ora che il momento è più favorevole, che gli indicatori registrano risultati che confermano la ripresa, le cose sembrano andare anche meglio. A destare qualche preoccupazione per l’export italiano sono le questioni ancora irrisolte, geopolitiche o finanziarie, e il rallentamento dei paesi emergenti, ma in definitiva l’Italia mantiene un invidiabile primato in diversi comparti.
Un esempio lampante è il settore alimentare che l’anno scorso, nel suo complesso, ha collocato il nostro paese al primo posto. Il recente esito più che positivo dell’Expo è stato inoltre d’aiuto già nei primi mesi del 2015, ma in generale l’export alimentare ha sempre registrato prestazioni invidiabili.
Ad ogni modo è interessante constatare come, secondo un’indagine dell’Aefi (Associazioni Esposizioni e Fiere Italiane), gli affari conclusi alle fiere in un anno “pesano” 60 miliardi di euro, mentre il 50% delle esportazioni trova origine proprio dalla partecipazione alle esposizioni.
Per quanto riguarda gli sbocchi, l’area del Mediterrano è sempre strategica per l’Italia. In generale, stando al rapporto annuale Le relazioni economiche tra l’Italia e il Mediterraneo pubblicato da Srm (Studi e Ricerche per il Mezzogiorno) del gruppo Intesa San Paolo, l’export verso i paesi del Mediterraneo e quelli del Golfo Persico vale 45,8 miliardi, ovvero l’11,1% del totale (Turchia, Tunisia ed Egitto sono tra i mercati più ambiti).
Non vanno sottovalutati, poi, sbocchi come gli Emirati Arabi (+14,2% nel primo semestre 2015 e nel settore agroalimentare +30%, secondo i dati diffusi in occasione del recente Turin Islamic Economic Forum) o la Corea del Sud (+5,8% nei primi sette mesi del 2015, secondo Confartigianato). Eppure, ciononostante, l’Italia continua a presentare dei ritardi infrastrutturali che hanno un impatto negativo sull’export/import.
Non tutto va bene, insomma. Ad esempio l’Italia avrebbe potuto avere 42 miliardi in più in termini di Pil (+2,8%) se il sistema della logistica e del trasporto merci avesse presentato livelli più efficienti. È la conclusione a cui è giunto il Centro studi di Confcommercio in una ricerca presentata lo scorso mese al Forum internazionale Conftrasporto. Tanto peserebbe, in negativo, il ritardo dell’Italia a causa delle infrastrutture di trasporto (ferrovie, strade, portuale e anche aeroportuale). A questo, poi, si aggiunga l’impatto della burocrazia per cui i giorni medi necessari per le operazioni di export/import superano, e non di poco, quelli di Spagna, Belgio o Germania: l’Italia potrebbe registrare risultati persino migliori.