La partecipazione degli stranieri al mercato del lavoro
Gli ultimi, positivi dati sul mercato del lavoro – secondo l’Istat, la crescita degli occupati prosegue ininterrotta da cinque trimestri – hanno interessato tanto i cittadini italiani quanto quelli stranieri. L’incremento occupazionale registrato nel secondo trimestre 2015 ha coinvolto sia gli italiani (+130 mila unità) sia gli stranieri (+50 mila unità). Con i secondi che, però, hanno visto ridursi dello 0,1% il proprio tasso di occupazione – ovvero il rapporto tra gli occupati e la popolazione di 15 anni e più – che si è attestato al 59,2% contro il 59,3% dell’anno prima.
Indipendentemente da questo lieve calo, nel nostro Paese, l’incidenza dei lavoratori stranieri sul totale degli occupati rimane comunque attorno al 10%. Come evidenziato da un report di Confartigianato, relativo al 2014. Secondo il dossier, lo scorso anno, in Italia gli stranieri con un impiego erano 2.275.700, pari al 10,4% del totale degli occupati. Una percentuale leggermente inferiore nell’Unione europea soltanto a quella della Spagna, dove l’incidenza è pari al 10,7%, ma superiore a quella della Germania (8,9%), dove i cittadini stranieri hanno ‘conquistato’ una parte consistente dei posti di lavoro creati nei mesi scorsi.
Secondo le statistiche dell’Ufficio federale del lavoro tedesco, riportate in un report di UniCredit Economics, nel corso dell’ultimo anno, quattro nuovi posti di lavoro creati su dieci sono stati assegnati a cittadini provenienti dall’estero. Ad agosto, ad esempio, grazie alla creazione di 700 mila nuovi posti di lavoro rispetto all’anno precedente – il computo include solo i contratti con regolare contribuzione sociale ed esclude i mini-jobs –, gli occupati tedeschi sono aumentati di 400 mila e gli stranieri di circa 300 mila unità.
Non tutti i cittadini stranieri trovano facilmente un impiego, però. Le statistiche dimostrano che i lavoratori provenienti dai Paesi dell’Unione europea hanno chance maggiori rispetto ad altri: per italiani, spagnoli, greci e portoghesi, c’è un disoccupato ogni 33 nuovi occupati. Mentre le cose prendono una piega decisamente diversa tra le persone in fuga dai Paesi in guerra e colpiti dalla povertà. Come l’Iraq, l’Afghanistan, l’Albania e la Siria, tanto per citarne qualcuno dei quindici Paesi considerati nello studio. In questo caso, il rapporto tra occupati e senza lavoro è pari a 33 mila contro 28 mila.