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Quali rischi per la ripresa delle pmi

pmi_crisi economicaIl tessuto imprenditoriale italiano è caratterizzato da un’altissima percentuale di imprese di piccole e medie dimensioni, che sembrano aver superato le difficoltà della crisi economica. Tuttavia le incognite, che ne mettono a rischio la definitiva ripresa, non mancano.
Secondo i dati contenuti nel rapporto Cerved Pmi 2015, contrariamente a quanto accaduto nel recente passato – tra il 2007 e il 2013 sono fallite 13 mila pmi –, nel 2014 il numero delle piccole e medie imprese attive sul mercato è rimasto stabile rispetto all’anno precedente. Inoltre, il fatturato nominale delle pmi ‘sopravvissute’ alla crisi economica dovrebbe crescere tanto nel 2015 (+2,6%) quanto l’anno successivo (+3,8%) e nel 2017 (+4,2%).
Tuttavia le incognite, che minacciano la definitiva ripresa delle pmi italiane, non mancano. Secondo il Cerved, lo stock dei “non performing loans” – ovvero i crediti per i quali la riscossione è incerta sia in termini di rispetto della scadenza che per l’ammontare dell’esposizione – è destinato ad aumentare nei prossimi anni, raggiungendo i 216 miliardi di euro nel 2020 contro i 184 miliardi del 2014.
L’incremento dei “non performing loans” potrebbe frenare l’erogazione dei prestiti bancari, tornati a crescere lievemente dopo la stretta creditizia degli ultimi anni: in Italia, lo stock di credito mancato alle pmi dal 2010 ad oggi è stato quantificato dall’indice Confcommercio-Cer in 97,2 miliardi di euro.
Un’eventuale nuova stretta creditizia metterebbe a rischio l’attività delle pmi, per le quali il credito concesso dalle banche rappresenta la principale fonte di finanziamento, e la crescita del Prodotto interno lordo (Pil). Secondo uno studio del Fondo monetario internazionale, la stretta creditizia ha un impatto negativo sul Pil di gran lunga peggiore nelle economie caratterizzate da un’elevata presenza di piccole e medie imprese.

 

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