Più donne al lavoro, ma sottopagate
Gli ultimi dati Istat riguardanti l’occupazione femminile, pur confermando un sostanziale miglioramento (il livello è tornato al 50,9%, valore più alto dall’inizio delle serie storiche), celano alcuni aspetti negativi sulle condizioni lavorative delle donne (rispetto, ma non solo, agli uomini).
In primo luogo, come osserva proprio l’Istat, il rialzo che si è osservato nel secondo trimestre 2015 coinvolge principalmente le over 54 (il tasso di occupazione nella fascia 55-64 anni è salito al 38,2% dal 36% di un anno prima), sulle quali molto ha influito la riforma delle pensioni. Di contro è calato il numero delle lavoratrici tra i 25 e 34 anni.
Sarebbe sbagliato, tuttavia, ritenere questo un problema esclusivamente italiano. Anche a livello comunitario le donne, secondo una recente indagine del Parlamento europeo sul tema, hanno fatto registrare progressi: le occupate ora sono il 59,6% (dati Eurostat 2014) mentre erano il 55,5% nel 2004. Ma il gap con gli uomini resta elevato, essendo il tasso di occupazione maschile nell’Ue pari al 70%. In più c’è da considerare che tale incremento è avvenuto anche grazie all’aumento di lavori flessibili, spesso part-time. In sintesi: più occupate sì, ma a condizioni maggiormente svantaggiose rispetto ai colleghi uomini.
I numeri rendono ancora meglio l’idea: le donne occupate in lavori part-time sono il 32,2%, gli uomini appena l’8,8%. Tutto questo si traduce, anche, in lavoratrici sottopagate e che avranno pensioni più basse. Eppure le competenze sono talvolta maggiori, dato che il numero delle laureate è cresciuto su scala europea, mentre è diminuito quello dei colleghi. Perciò, quando occupano posizioni apicali, le donne percepiscono meno degli uomini.
Il quadro che emerge mostra un trend al ribasso che riguarda diverse dinamiche interne al mercato del lavoro. Il gap non si esaurisce, pertanto, al solo tasso di disoccupazione, ma anche ad una qualità del lavoro che spesso condiziona le scelte in ambito familiare.
Infine, a conti fatti, l’obiettivo europeo per l’Italia resta distante, molto più se consideriamo che il tasso complessivo – sia quello maschile (che è al 70,5%), sia quello femminile – si attesta al 60,6% quando la Strategia 2020 fissa il traguardo al 75%.