L’importanza del titolo di studio
I recenti dati Eurostat non lasciano spazio all’immaginazione: la situazione occupazionale dei più giovani resta particolarmente difficoltosa in Italia. Anzi, a livello europeo, il nostro paese occupa le posizioni più basse della classifica per laureati e diplomati occupati.
Infatti poco più della metà dei laureati italiani – ovvero il 52,9% – è occupato a tre anni dalla laurea (in questo senso è il peggior risultato dopo quello della Grecia). La media dell’Ue nel 2014 si attesta all’80,5%, mentre ai diplomati va anche peggio considerando che appena il 30,5% è occupato a tre anni dal titolo (la quota sale al 40,2% in caso di diplomi professionali). In quest’ultimo segmento il dato medio europeo si colloca al 59,8%, al 67% in Germania.
Quello dell’Italia potrebbe essere definito un ritardo di tipo strutturale in quanto il titolo di studio è fondamentale per determinare salari e percorsi professionali. Secondo diversi studi, ad esempio, fatto 100 il compenso dei diplomati i laureati guadagnano circa il 50% in più. Ad ogni modo – come già illustrava l’Istat nell’annuario statistico – più alto è il livello di istruzione, maggiore sarà l’occupazione. Si passa dal 28% di chi ha solo il titolo elementare al 75,5% dei laureati. L’eccezione riguarda i giovani fino a 34 anni: i diplomati presentano un tasso di occupazione di poco superiore per via del precedente ingresso nel mondo del lavoro.
Inoltre non vanno trascurate, nel lungo periodo, le ripercussioni del titolo di studio sui trattamenti pensionistici. Osserva ancora l’Istat, stavolta nel report sulle condizioni di vita dei pensionati, che “l’elevata incidenza di pensionati ultra sessantaquattrenni spiega il divario di istruzione rispetto al resto della popolazione; quasi la metà dei pensionati non ha un titolo di studio o possiede al massimo la licenza elementare, appena un quarto ha conseguito la licenza media superiore”.
Dunque, se il pensionato possiede un titolo di studio pari alla laurea, il suo reddito lordo pensionistico (circa 2.490 euro mensili) è più che doppio di quello delle persone senza titolo di studio o provviste al massimo della licenza elementare (1.130 euro).
Insomma, l’Italia non vanta risultati soddisfacenti su questo fronte. Il confronto con i partner europei, poi, è spesso impietoso. Le persone tra i 20 e i 34 anni occupate (a conclusione del percorso formativo) erano nel 2014 il 45% nel nostro paese contro il 76% in Europa, il 90% in Germania, l’83,2% del Regno Unito e il 75,2% della Francia.
Anche secondo l’ultimo rapporto Ocse, Education at a glance, l’Italia ha un basso tasso di occupazione tra i laureati (e molti studenti, non a caso, vanno all’estero).