La guerra dei prezzi del petrolio e il ritorno dell’Iran
La recente visita in Italia del presidente iraniano Hassan Rohani ha rappresentato un momento importante nelle relazioni economiche tra i due paesi dopo lo stop alle sanzioni internazionali: un passo in avanti quantificabile in circa 18 miliardi di dollari in accordi commerciali.
Per il nostro Paese la revoca delle sanzioni è dunque un’ottima occasione e ora la priorità, per dirla con le parole del Sace, è recuperare il tempo perduto. Tra il 2006 (anno di inizio dell’applicazione delle sanzioni) ed il 2014, l’Italia ha perso, infatti, circa 15 miliardi di euro di esportazioni. Con il ritiro delle restrizioni, secondo le stime, il nostro export potrebbe crescere di tre miliardi di euro nei prossimi quattro anni.
Ma il “ritorno” dell’Iran non interessa esclusivamente l’Italia. Nello scacchiere internazionale la partita interessante è soprattutto quella del petrolio. Da quanto riferito nelle ultime ore, l’Iran – quarto paese al mondo per riserve petrolifere – riattiverà a breve le forniture di greggio verso l’Unione europea, tornando sul mercato in una fase delicata e sfidando direttamente l’Arabia Saudita, che della sua assenza aveva giovato.
Quali conseguenze, quindi? Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) le quotazioni del petrolio “potrebbero andare più in basso” quest’anno (il prezzo del greggio è sceso nei giorni scorsi al di sotto della soglia psicologica dei 30 dollari al barile, la prima volta dal 2004; la guerra dei prezzi deriva in particolare dalle manovre dell’Arabia Saudita per contrastare la produzione, soprattutto statunitense, da fonti alternative). La domanda, sostiene l’Aie, dovrebbe rallentare ancora, anche a causa dell’eccesso di offerta.
In questo senso un ruolo fondamentale potrebbe spettare proprio all’Iran, che presto riprenderà l’export. In cifre significa un rallentamento della crescita a 1,2 milioni di barili al giorno da 1,7 milioni registrati nel 2015, dato che potrebbe derivare anche dalla minore crescita globale (l’ultimo in ordine di tempo ad abbassare le stime è stato il Fondo monetario internazionale, +3,4% è ad oggi la previsione per il 2016).
Dunque la crescita della domanda rallenterà (dell’1,3%), mentre l’offerta mondiale dovrebbe aumentare sebbene in presenza di un calo della produzione di greggio dei paesi non Opec. A tale proposito l’Opec prevede un riequilibrio della produzione a partire da quest’anno, in quanto la riduzione da parte dei paesi esterni all’Organizzazione si renderà necessaria a causa dei prezzi bassi.
Ad ogni modo l’obiettivo dell’Iran, ora, è recuperare spazi importanti di mercato. Non solo nell’Ue, ma anche in Asia (Cina compresa, nonostante la crescita in rallentamento). La diminuzione della produzione dei paesi non Opec, dovrebbe aggirarsi attorno ai 600 mila barili a giorno (il più consistente dal 1992, secondo l’Aie). A compensare tale riduzione sarebbe proprio l’Iran che, al contrario, mira all’esportazione di 600 mila barili al giorno dalla seconda metà del 2016.