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Cosa è cambiato con l’abolizione delle quote latte

di Umberto Schiavella

LATTELo scorso sabato 2 aprile migliaia di allevatori con trattori e mucche hanno “occupato” Udine, porta di accesso per centinaia di milioni di chili di latte straniero, ma anche semilavorati e trasformati, tutti prodotti successivamente spacciati come “Made in Italy”.
Un’invasione già denunciata da Coldiretti che ha come fine ultimo la chiusura delle stalle italiane in favore dell’importazione di prodotti stranieri di basso costo e scarsa qualità. Proprio un anno fa l’Unione Europea interrompeva il regime delle quote latte. Introdotte il 31 marzo del 1984, le quote latte prevedevano un prelievo finanziario imposto agli allevatori europei per ogni chilogrammo di latte prodotto oltre un limite stabilito. Furono anni di lotte, contestazioni, riforme, multe e ricorsi. In seguito fu deciso che gli allevatori dovessero pagare solo se lo Stato membro superava anche la sua quota nazionale. Il regime delle quote fissava dei tetti massimi alla produzione annuale dei singoli paesi, chi li superava mettendo in commercio una quota di latte in eccedenza a quella permessa subiva un prelievo non di molto inferiore al valore commerciale del latte stesso. Il tetto massimo produttivo per gli allevatori di ciascun paese membro della Comunità europea si basava sul totale delle quantità commercializzate in un determinato periodo di riferimento che per l’Italia fu il 1984. In questa maniera il reddito degli allevatori veniva garantito dalla stessa Unione europea che si impegnava a ritirare dal mercato il latte in eccesso, trasformandolo in latte in polvere e burro. Le quote latte furono, in origine, introdotte per un periodo limitato di cinque anni, ma la loro data di scadenza fu rinviata più volte fino al 2015, anno in cui sono state abolite definitivamente. Secondo la Commissione europea, le quote latte al giorno d’oggi non hanno più senso perché non vi è più il rischio di eccedenze strutturali come si verificava nel passato, soprattutto perché, ora, la vera sfida è il mercato globale. Ma a un anno dalla fine del regime delle quote latte le paure degli allevatori italiani si sono materializzate: i prezzi sono crollati e l’invasione dei prodotti esteri ha preso il sopravvento, è proprio Coldiretti a denunciare che, tre cartoni di latte su quattro sono stranieri. Ed è proprio questo che allevatori e Coldiretti hanno affermato durante la loro manifestazione ad Udine. In particolare, sono stati diffusi proprio durante l’evento i dati raccolti dal dossier Coldiretti “Quote latte: un anno dopo”.
Dal report emerge come il prezzo del latte alla stalla sia letteralmente crollato da 0,44 euro al litro nel marzo 2014 a 0,37 nello stesso mese del 2015, mentre ora è mediamente di 0,33, ma con punte fino a 0,30 proprio in Friuli Venezia Giulia, dove si registrano le quotazioni più basse d’Italia proprio a fronte delle importazioni di latte e semilavorati esteri. Secondo Coldiretti si tratta di remunerazioni troppo basse che mettono a rischio le aziende nostrane spingendole alla chiusura. Pochi centesimi che però sono in grado di determinare la vita o la morte della produzione e del mercato italiano. Le stalle presenti in Italia sono diminuite dopo la fine delle quote latte al minimo storico di 33 mila unità rispetto alle 180 mila attive nel 1984. Rispetto allo scorso anno sono almeno 1.500 le stalle che hanno chiuso proprio per effetto del crollo del prezzo pagato agli allevatori. Nel 1984 il latte veniva pagato in media agli allevatori 0,245 euro al litro, mentre i consumatori lo pagavano 0,40 euro al litro. Oggi, secondo Coldiretti, il prezzo del latte fresco aumenta più di quattro volte nel passaggio dalla stalla allo scaffale con un ricarico del 317% con il latte che viene pagato agli allevatori in media 0,33 centesimi al litro. Se al consumo il costo medio per il latte di alta qualità è di 1,5 euro al litro, il prezzo pagato agli allevatori è aumentato di poco più di 10 centesimi, mentre il costo per i consumatori è cresciuto di 1,1 euro al litro. Salvaguardare la nostra produzione, la nostra filiera e il nostro territorio, sono queste le scommesse che la Coldiretti vuole provare a vincere, anche con l’aiuto del governo. Salvare le stalle italiane, ma anche le nostre eccellenze, come ricorda sempre Coldiretti, la metà del latte prodotto in Italia è destinato alla produzione di 49 formaggi italiani DOP, un primato a livello europeo e, perché no, anche mondiale.

 

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