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I punti deboli del mercato del lavoro

lavoro_disoccupazioneDi recente l’Istat ha quantificato in 200 mila le coppie tra i 25 e i 64 anni, con figli, in cui a lavorare è la madre e il padre è disoccupato. Nel 2014 erano 192 mila, pertanto la crescita nel 2015 è stata del 4,2%. Non si tratta propriamente di un cambio di paradigma, bensì di una condizione che cela altre verità.
Tanto per cominciare c’è che, negli anni della crisi, l’occupazione femminile è in effetti aumentata, seppur lievemente, e non solo da noi. Nei paesi europei in cui il mercato del lavoro gode di buona salute (ad esempio ciò avviene in Germania e in Austria) il tasso di disoccupazione femminile è inferiore a quello maschile. Tuttavia in Italia, ancora nel quarto trimestre 2015, la crescita del tasso di occupazione ha riguardato sostanzialmente gli uomini.
Osservando i dati familiari relativi alla forza lavoro si scopre, poi, che ammontano a 86 mila i casi in cui la madre lavora part-time; 217 mila sono invece i casi di famiglie dove le donne risultano essere fuori dal mercato del lavoro, quindi inattive. È vero anche, insomma, che il tasso di disoccupazione femminile si è ridotto nel corso del 2015, ma in diverse occasioni è corrisposto un incremento dell’inattività. Neanche a dirlo le donne con figli presentano un tasso di occupazione inferiore a quelle single (rispettivamente 44% e 73,9%).
Inoltre, a proposito di inattività – gli inattivi sono le persone che non fanno parte delle forze di lavoro, ovvero quelle che l’Istat non classifica come occupate o in cerca di occupazione –, il trend sembra proseguire in questa direzione: a febbraio l’aumento è stato di 58 mila unità rispetto a gennaio, di cui soprattutto donne (+49 mila).
Un ulteriore aspetto che – in minima parte almeno – può spiegare il cambiamento osservato all’inizio è quello che comprende la disoccupazione di lunga durata (una situazione che interessa coloro che cercano lavoro da 12 mesi o più). Quest’ultima ha registrato aumenti ininterrotti tra il 2008 e il 2014 e gli incrementi sono stati più marcati per la componente maschile. Nel 2015 l’incidenza della disoccupazione di lunga durata è diminuita, dal 60,7% al 58,1%, restando comunque su livelli piuttosto alti. Per rendere l’idea: dal 52,5% del 2012 è passata al 56,4% del 2013 (era circa il 45% nel 2008), un dato già superiore alla media Ue28.

 

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