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R&S, lʼItalia insegue i partner europei

università_ricercaInnovare e aumentare la competitività delle imprese tramite la ricerca. Un invito che spesso viene rivolto e, spesso, viene disatteso. Tuttavia, nonostante la crisi economica, mentre la spesa pubblica diminuiva, quella delle imprese (all’interno delle proprie strutture) aumentava. Il dato emerge da una recente indagine dell’Airi (Associazione italiana per la ricerca industriale), secondo cui dal 2007 gli investimenti in innovazione delle imprese italiane risultano in crescita da 9,4 a 11,8 miliardi di euro. Una cifra che è pari ad una quota del 58% del totale dell’intera spesa in Ricerca e Sviluppo, pubblica e privata.
In generale, per l’Italia, la situazione è comunque leggermente migliorata. Come viene sottolineato nell’edizione 2016 del Rapporto Noi Italia, la spesa per R&S è aumentata sia in termini assoluti, passando dai 20.502 milioni di euro del 2012 a 20.983 nel 2013, sia in rapporto al Pil. Non è ancora abbastanza, però.
La strategia Europa 2020 prevede che i paesi membri contribuiscano ad innalzare la quota di investimenti in ricerca e sviluppo al 3% del Prodotto interno lordo dell’Ue. Il target stabilito per l’Italia è di una spesa in R&S pari all’1,5% del Pil: ci fermiamo poco sopra l’1,3%. C’è anche da osservare che la spesa nell’Ue28 assorbe il 2,03% del Pil e solo i paesi scandinavi superano il tetto del 3%. Noi, in pratica, ci collochiamo al di sotto dei principali partner e appena sopra la Spagna.
Eppure c’è un segmento in cui si comincia a registrare una positiva inversione di tendenza. Quello dei brevetti. Negli anni passati, come sottolinea l’Istat, era proseguito il trend discendente del numero dei brevetti per milione di abitanti. In realtà la diminuzione aveva interessato quasi la metà dei paesi europei, ma l’Italia si posizionava (sotto la media Ue) alle spalle di Irlanda, Regno Unito, Francia, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi e Austria, oltre che Danimarca, Finlandia, Germania e Svezia (che occupano le prime posizioni).
Secondo i recenti dati dell’European Patent Office, nel 2015, le richieste di brevetto provenienti dal nostro paese sono cresciute del 9% – il migliore tasso di crescita degli ultimi dieci anni – quando la media mondiale è stata +4%. Con una quota pari al 2%, l’Italia si piazza così al decimo posto per richieste brevettuali (la maggior parte sono giunte dai settori d’eccellenza quali chimica, farmaceutica e informatica).
Sul fronte occupazionale, infine, il personale impegnato in attività di R&S (che, precisa l’Istat, viene espresso in termini di unità equivalenti a tempo pieno) risulta nel 2013 pari a 246.764 unità, con una crescita rispetto al 2012 del 2,7%. Gli addetti alla R&S sono mediamente 4,1 ogni mille abitanti. Anche in questo ambito l’Italia si conferma al di sotto della media europea e delle economie più importanti.

 

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