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Chi alza troppo il gomito: in aumento il “binge drinking”

alcolCresce il fenomeno del cosiddetto binge drinking, l’abbuffata alcolica per ubriacarsi, soprattutto tra le donne tra i 25 e i 44 anni. Nel 2015 sono stati 8,5 milioni gli italiani che hanno avuto comportamenti a rischio, di questi quasi 5 milioni bevono in maniera abituale, mentre circa 3 milioni eccedono con il binge drinking. Rispetto al 2014 è stato registrato un aumento dell’1,4% delle persone che hanno consumato alcolici nell’arco di un anno. Questi alcuni dei temi trattati alla conferenza organizzata il 14 aprile 2016 dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Osservatorio nazionale Alcol-Cnesps, presentando il rapporto Istat L’uso e l’abuso di alcol in Italia in occasione dell’Alcohol Prevention Day.
Il rapporto evidenzia come, nel 2015, il 64,5% della popolazione “over 11” abbia consumato almeno una volta una bevanda alcolica durante l’anno. Anche se il consumo di alcol è in diminuzione negli ultimi 10 anni, il modello tradizionale caratterizzato dalla consuetudine di bere vino durante i pasti con frequenza giornaliera, sta lentamente cambiando e quote sempre maggiori di persone consumano alcolici al di fuori dai pasti con frequenza prevalentemente occasionale. Infatti, se il consumo giornaliero risulta stabile per il 22% della popolazione, cresce quello occasionale, fuori dai pasti, in particolare durante il rito degli aperitivi e durante il dopocena, fenomeno riscontrato soprattutto nella fascia benestante e con un livello culturale elevato. I giovani preferiscono la birra al vino e cambiano anche i luoghi di consumo, non più discoteche o pub, ma, soprattutto tra i 30-40enni, tra le mura di casa propria.
3,3 milioni sono le morti causate dal consumo di alcol nel mondo, si tratta di morti premature, ma l’alcol è anche causa di disabilità e dell’insorgenza di oltre 230 patologie che costano alla società almeno 17 milioni di anni persi. Gli esperti sottolineano come il mondo dei social network e le tecnologie alla portata di tutti contribuiscono alla diffusione di una certa cultura del bere, il tutto favorito da assenze normative, scarso rigore, contraddizioni e convenienze alle quali è difficile dare delle risposte istituzionali efficaci dove, molto spesso, le logiche di mercato surclassano quelle della tutela della salute. Per gli esperti risulta anche grave il debito formativo professionale riscontrato presso i medici sull’identificazione precoce e sull’intervento per curare i danni provocati dall’alcol, un’assenza di prevenzione non ancora integrata nella pratica clinica quotidiana. A questo proposito, l’Osservatorio Nazionale Alcol ha già predisposto e fornito ad alcune regioni lo standard europeo di formazione specifica sull’identificazione precoce e sull’intervento breve (Ipib) che comprendono gli aggiornamenti delle linee guida europee Bistairs e Rarha, anch’esse presentate ieri durante la conferenza.

 

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