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Dai lavoratori alla ricerca, i rischi in caso di Brexit

di Silvia Capone

brexit_ueIl 23 giugno si terrà nel Regno Unito il discusso referendum, denominato Brexit, che vedrà i cittadini inglesi chiamati a decidere se rimanere o meno nell’Unione Europea. Le conseguenze economiche vengono presentate da molti studi come nefaste sia per il Regno Unito che per i paesi membri dell’Unione. I problemi che si dovrebbero fronteggiare nel caso della Brexit non sono però solo di natura economica. Infatti importanti effetti si avrebbero sul piano socio-politico. Il Regno Unito nel caso di una vittoria del NO, dovrebbe rinegoziare, in un tempo massimo di due anni, le clausole per la circolazione delle merci e delle persone. In particolar modo problemi concreti si avrebbero per i lavoratori. Si stima infatti che ci siano circa tre milioni di lavoratori stranieri provenienti dall’Ue nel Regno Unito e circa 1,2 milioni di inglesi in territorio europeo, entrambe le categorie avrebbero così necessità di un visto, con tutte le complicanze burocratiche del caso, perché, a permesso scaduto, verrebbero considerati immigrati irregolari. Anche se con ogni probabilità Ue e Regno Unito troveranno un accordo, la Goldman Sachs, una delle banche d’affari più grandi del mondo, stima che la Brexit porterà alla messa in discussione di 3-4 milioni di posti di lavoro. Per quanto riguarda la circolazione delle merci, come successo in precedenza con la Norvegia e la Svizzera, potrebbe essere concessa in cambio di una libera circolazione dei lavoratori e delle persone. Ma il governo di sua maestà dovrà rendere conto anche a tutti gli inglesi residenti nel resto d’Europa, che solo in Italia risultano essere circa 25.864. Molti di loro potrebbero non esprimersi sul quesito referendario in quanto, secondo una legge inglese, solo chi non risulta espatriato da più di quindici anni ha la possibilità di votare. I cittadini inglesi espatriati da almeno quindici anni temono perciò di non poter prendere parte al voto, che intanto li coinvolgerebbe in prima persona, considerato che in passato hanno usufruito del loro diritto di poter vivere ovunque in Europa e per questo, molti di essi, hanno intrapreso azioni legali. Le conseguenze, però, investirebbero anche gli europei nel Regno Unito – 600 mila solo italiani – che sarebbero travolti dall’eventuale vittoria del fronte anti-Ue. Sembra che molti italiani abbiano chiesto la cittadinanza per poter far sentire la loro voce, votare contro la Brexit e tutelare i loro diritti in futuro. L’uscita dall’UE comporterebbe conseguenze anche per gli studenti, sul piano dell’istruzione e della ricerca. Il Regno Unito non godrebbe più dei fondi destinati dall’Europa all’istruzione e alla ricerca. A tale proposito il fisico britannico Stephen Hawking, tra i 150 scienziati promotori di una lettera in cui sono presentati i vantaggi dell’appartenenza all’Unione, ha dichiarato che “Brexit significherebbe un danno colossale per la ricerca scientifica”. Questo perché oltre a fruire dei fondi europei destinati alla ricerca, il Regno Unito recluta gran parte dei ricercatori dal resto del continente ed è una delle mete preferite in questo senso. Non solo ricercatori, ma anche studenti incontrerebbero problemi, se non divieti, per attività come scambi culturali, vacanze studio e Erasmus, ricordando che gli atenei inglesi sono in Europa la terza destinazione più ambita.
L’uscita dall’Unione Europea comporterebbe ulteriori conseguenze, non direttamente tangibili, come una possibile frattura socio-politica. Secondo diversi osservatori, reazioni dure da parte dell’Ue porterebbero solo ad inasprire i rapporti tra gli stati membri. Una risposta debole, in compenso, potrebbe scaturire una reazione a catena e spingere quindi altri paesi a chiedere maggiori libertà, fino – nei casi più estremi – a pretendere l’uscita. Ciò potrebbe avvenire specialmente in quei paesi cosiddetti “periferici”, costretti negli anni della crisi a continui tagli e policy restrittive. Forse l’unica conseguenza prevedibile alla vittoria del No al referendum inglese sarà una rivalsa di sentimenti anti-Ue (e anti-euro) oltre che il temuto aumento dei consensi tra i movimenti nazionalisti e indipendentisti presenti in molti dei paesi membri.

 

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