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Aumentano i working poors in Europa

Si tratta di una condizione che interessa anche l'Italia. Miglioramenti, invece, per quanto riguarda la disoccupazione di lunga durata
di Redazione

È l’Italia il paese che ha registrato nel mese di settembre il maggior aumento della disoccupazione (+0,2%) a fronte di un livello medio che nell’area Ocse – stando al consueto rapporto mensile sul tema dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico – è rimasto stabile, al 6,3%.

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L’area Ocse conta 39,5 milioni di disoccupati, vale a dire 9,5 milioni di persone in meno dal massimo registrato a gennaio 2013, ma ancora 6,8 milioni in più dai valori di aprile 2008. Nell’Eurozona il tasso di disoccupazione si è attestato nel medesimo periodo al 10%, livello anch’esso stabile da luglio.
Insomma, la risalita dei livelli occupazionali è evidente, ma lenta. Rispetto agli anni più duri della crisi economica tante situazioni sono migliorate, pur presentando alcune criticità. Ad esempio, oltre al problema della disoccupazione, non va trascurato quello dei lavoratori a tempo pieno che sono a rischio povertà. Una condizione che interessa diversi cittadini in Europa, come emerge dall’ultimo rapporto della Bertelsmann Stiftung (Social Justice Index 2016).
Si tratta di una quota, relativa alle persone che lavorano a tempio pieno, cresciuta lo scorso anno al 7,8%, in crescita dal valore osservato tre anni fa, quando era al 7,2%. In generale in Europa è a rischio povertà o esclusione sociale un cittadino su quattro, per un totale di 118 milioni di persone.
Credere tuttavia che quest’ultimo sia un ritardo riguardante soprattutto “la periferia” sarebbe un errore. Basti pensare che in Germania, che pure rappresenta l’economia trainante del Vecchio continente con una disoccupazione ai minimi, la quota di lavoratori a rischio povertà è cresciuta di due punti nel periodo di riferimento 2009-2015, passando dal 5,1 al 7,1%. In Italia, nel 2015, siamo al 9,8%.
Così il tema dei cosiddetti “working poors” si associa a quelli dei Neet (i giovani che non lavorano né studiano) e della disoccupazione di lunga durata, condizione che interessa le persone in cerca di impiego da almeno 12 mesi. Quest’ultimo segmento, in particolare, ha registrato di recente dei progressi, ma dal 2007 al 2015 il numero dei senza lavoro di lungo periodo è lievitato. Per restare sull’argomento, l’Istat rilevò per il caso italiano una diminuzione del tasso della disoccupazione di lunga durata nel terzo trimestre 2015, dopo un aumento ininterrotto dal 2008 al 2014.
Nel secondo trimestre del 2016 l’Istat ha stimato a 1 milione 758 mila il numero di persone in cerca di occupazione da almeno 12 mesi (-87 mila su base tendenziale), la cui incidenza sul totale dei disoccupati cala al 58,7%, -0,7 punti in un anno.

 

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