UK: May ha perso la maggioranza
Nel Regno Unito si è verificata la peggiore delle ipotesi sul piatto del Partito conservatore di Theresa May: perdere la maggioranza, pur confermandosi primo partito. Il recupero dei laburisti di Jeremy Corbyn, che era stato già “misurato” negli ultimi giorni di campagna elettorale, c’è effettivamente stato. In soldoni: dal voto anticipato dell’8 giugno – che May ha voluto nella speranza di ottenere un più ampio consenso e quindi un mandato forte per negoziare la Brexit con l’UE – il Labour esce con 29 seggi in più, i Tories ne hanno invece persi 12 rispetto al 2015, ottenendone 318 quando la maggioranza necessaria per governare è 326 (i seggi in palio, in tutto, sono 650). Il Parlamento è dunque appeso, il rischio hung parliament si è materializzato. Ma Theresa May è intenzionata ad andare avanti e annuncia: «Formerò un nuovo governo per attuare la Brexit e mantenere il paese sicuro».
Il Partito nazionale scozzese di Nicola Sturgeon ha 35 seggi (in calo anch’esso), i LibDem ne contano cinque in più, portandosi a quota 12. Il DUP (il Partito unionista nordirlandese) ne ha conquistati dieci. E chissà che non arrivi proprio da questi ultimi la stampella in soccorso di Theresa May. Le indiscrezioni già vorrebbero le due forze politiche dialoganti, in vista di una possibile coalizione di governo, mentre i LibDem si sono sfilati con anticipo, decidendo di non replicare l’esperienza del 2010 Cameron-Clegg. Il voto consegna al Regno Unito un partito conservatore sulla carta “sconfitto” – considerate le premesse, almeno – e potenzialmente alle prese con più che probabili beghe interne.
Alla luce del risultato, netto, il leader del Labour, Jeremy Corbyn, aveva in primo momento chiesto (di nuovo) le dimissioni di Theresa May. Il meccanismo non è però così automatico. May, in quanto leader del partito che ha ottenuto il maggior numero di seggi, ha ricevuto l’incarico dalla Regina e ora proverà a formare il governo. Seguiranno trattative: il Parlamento dovrà riunirsi il 13 giugno (l’inizio delle negoziazioni per la Brexit cominceranno formalmente il 19 giugno) e se per allora non dovesse essere riuscita a sciogliere il nodo, la Regina darà a Corbyn il mandato in quanto leader della seconda forza politica. Se pure il secondo tentativo dovesse rivelarsi un buco nell’acqua, certo non si può escludere la possibilità di tornare al voto. Altra prospettiva, almeno stando alle ipotesi subito formulate dai giornali britannici, è che Theresa May possa riconoscere a breve la sconfitta della propria scommessa e lasciare che sia qualcun altro, tra i conservatori, a guidare la transizione. Una remota eventualità, vista l’immediata reazione di Theresa May.
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