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Sarahah, l’app per l’anonimato (e il narcisismo)

Le poche luci e le molte ombre del social-tormentone dell'estate
di Silvia Capone

Sarahah è all’attenzione di tutti, oltre che per la rapida popolarità raggiunta, soprattutto per la notizia data dall’esperto di sicurezza informatica Zachary Julian, secondo cui l’applicazione raccoglierebbe i dati della rubrica degli utenti e li memorizzerebbe su un server esterno. La notizia ha colto di sorpresa gli utenti perché, al momento del download, l’app chiede il permesso di accedere ai dati sul telefono, ma non specifica che li memorizzerà.

Innanzitutto, cosa è Sarahah? È un’applicazione di messaggistica istantanea, rigorosamente anonima, che permette a chiunque di lasciare un messaggio in incognito a chi è registrato sul sito o ha scaricato l’app. L’utente che riceve il messaggio, non solo non conosce il mittente, ma non può neanche rispondere se non pubblicando lo screenshot del contenuto su un altro social (una prassi già consolidata).
Nata dall’idea dall’analista petrolifero Zain al-Abidin Tawfiq, è disponibile dal 2016 come sito web e nasce per offrire la possibilità di suggerire critiche costruttive (come la stessa app ricorda) ai propri capi in modo anonimo e senza la paura di ritorsioni, e quindi migliorare gli ambienti di lavoro. Proprio da qui il nome: il termine “Sarahah” è traducibile con onestà. Ma da quando è disponibile sull’app store, dal 13 giugno con 18 milioni di download, ha inevitabilmente preso una deriva secondo molti addirittura “rischiosa”.
L’app è infatti ora utilizzata soprattutto da giovanissimi – anche se in teoria è riservata a chi ha più di 17 anni – che poi pubblicano su altri social i commenti ricevuti. Commenti e non messaggi perché è diventata un non-scambio di opinioni e critiche, trasformandosi in un’arma a doppio taglio, poiché l’anonimato garantito rende lecito e legittimo tutto, anche l’offesa.

La deviazione del tutto prevedibile è il passaggio dal suggerimento costruttivo al pubblico insulto, che fa scaturire la reale preoccupazione per fenomeni connessi quali il cyber bullismo, a cui soprattutto i giovani sono ovviamente esposti con questo metodo di scrittura e da cui non possono neanche difendersi con le parole, i messaggi d’odio e i commenti troppo spinti per cui sono state chiuse altre applicazioni volte all’anonimato. Per evitare ciò l’ideatore del servizio ha recentemente rassicurato di voler mantenere l’applicazione in una prospettiva positiva, anche se sarà difficile conciliare anonimato e controllo.

Sarahah nonostante non sia del tutto una novità stupisce e attira gli utenti perché va a stuzzicare due caratteristiche tipicamente umane, la curiosità e il narcisismo. Infatti l’applicazione fornisce come “servizio” solo quello di ricevere un feedback sulla propria persona, ed è per questo che funziona: punta sulla curiosità di sapere cosa gli altri pensano di noi, mista al compiacimento che segue dai messaggi positivi o in generale dal fatto di essere protagonisti.

Ma tutto questo è, più di altri social, una fallacia su entrambi i fronti – chi scrive e chi riceve –, l’anonimato protegge il mittente da qualsiasi reale responsabilità, consentendo il distacco dal proprio commento e camuffando la sincerità come verità; e dal lato del ricevente perché contribuisce ad accrescere l’autocompiacimento che verrà poi esibito grazie alla possibilità di pubblicare su altri social gli screenshot dei messaggi, con la possibilità di scegliere appositamente solo quale rendere pubblico – quindi che immagine dare di sé – e alimentare discussioni e commenti a catena.

Fallito l’iniziale intento di “scatola dei suggerimenti”, la reale utilità dell’applicazione è dubbia, proprio per questo sono in molti a ritenere che nonostante il boom, Sarahah avrà vita breve.

 

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