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Come procede la trattativa per la Brexit

I negoziati tra Regno Unito e Unione europea sono iniziati da pochi mesi ma le tante divergenze rendono tutto più complicato
di Redazione

Parlando al Parlamento europeo, il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, ha ammesso che “non sono stati ancora compiuti i progressi necessari” per procedere alla seconda fase delle trattative con il Regno Unito, spiegando che lo comunicherà ai capi di Stato e di governo europei, in occasione del vertice dei leader previsto per il 19 e il 20 ottobre.

Dunque le trattative, iniziate in primavera dopo l’attivazione dell’articolo 50 che regola l’uscita di uno Stato membro dall’Unione europea, sono in una fase di stallo. Le due parti coinvolte non riescono a trovare un’intesa su diversi punti – l’elenco include anche il futuro status dei cittadini comunitari nel Regno Unito, i nuovi accordi commerciali, i confini tra Irlanda del Nord e Irlanda –, e in particolare sul tipo di separazione e sul costo della Brexit.

Su quest’ultimo punto “permangono divergenze serie”, ha spiegato il responsabile dei negoziati sulla Brexit per l’UE, Michel Barnier.

L’Unione europea ha delle passività finanziarie e degli impegni di spesa già assunti, a cui la Gran Bretagna deve contribuire in quanto membro. Secondo diversi studi, l’uscita dell’UE costerà a Londra una cifra compresa tra i 45 e gli oltre 110 miliardi di dollari. Parlando da Firenze, il premier britannico Theresa May ha assicurato comunque che il Regno Unito intende versare quanto previsto con l’approvazione del bilancio dell’Unione, ovvero circa 20 miliardi di euro da qui al 2020.

Da Firenze, May ha chiarito anche che Londra non intende accettare soluzioni di tipo “norvegese” né “canadese”. Ovvero? Facciamo un po’ di chiarezza: nel primo caso, il Regno Unito potrebbe godere dei benefici che si ottengono dalla libera circolazione delle merci e dei capitali, rinunciando alla possibilità di influenzare i processi decisionali dell’UE. Proprio come accade adesso alla Norvegia. Una soluzione di tipo “canadese” prevede invece semplicemente un accordo commerciale tra le due parti.

Cosa vuole il governo britannico, dunque? Spera in una via di mezzo, con una soluzione più ampia di quella attuale tra il Canada e l’UE – specie su alcuni temi (sicurezza) –, ma meno vincolante rispetto a quella esistente tra la Norvegia e Bruxelles. Vedremo, poi, se riuscirà ad ottenere ciò che vuole o meno.

Nel frattempo, Londra ha compiuto un altro passo verso la Brexit: qualche giorno fa, la Camera dei Comuni ha approvato il Great Repeal Bill, la legge fondamentale per abrogare l’European Communities Act del 1972. Con il Great Repeal Bill, il parlamento britannico sarà libero di confermare, modificare o cancellare le leggi comunitarie adottate in circa 45 anni e che regolano diversi ambiti (trasporti, energia, lavoro…).

Sbloccare le trattative sarà comunque fondamentale: l’articolo 50 stabilisce che un accordo per organizzare un’uscita ordinata deve essere raggiunto entro due anni – per la Brexit, la scadenza è fissata nel marzo 2019 –, superarli senza riuscirci sarebbe un grosso problema per il Regno Unito. Il motivo: si troverebbe al di fuori dell’UE, il suo principale partner economico, senza però esservi legato da un accordo commerciale e doganale.

 

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