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Non si arresta la grande fuga degli italiani

I numeri del Rapporto della Fondazione Migrantes, "Italiani nel Mondo": nel 2016 via 124.076 persone, in aumento del 15,4% rispetto al 2015
di Redazione

Non si arresta la fuga degli italiani all’estero. Di per sé la mobilità non sarebbe un fatto negativo, lo diventa quando si assiste ad un’esigenza dettata da condizioni socioeconomiche poco favorevoli. Insomma, la fotografia scatta dalla Fondazione Migrantes nel consueto Rapporto Italiani nel Mondo non è delle più lusinghiere. «La mobilità – spiega la Fondazione – è una risorsa perché permette il confronto con realtà diverse ed è, se ben indirizzata, una opportunità di crescita e arricchimento. Oggi, però, nello stato generale di recessione economica e culturale in cui ci si ritrova, la migrazione, per gli italiani in particolare, è diventata nuovamente, come in passato, una valvola di sfogo, ciò che potrebbe permettere di trovare una sorte diversa rispetto a quella a cui si è destinati nel territorio di origine. Così intesa, la mobilità (come stiamo registrando da ormai diversi anni) diventa unidirezionale, dall’Italia verso l’estero, con partenze sempre più numerose e con ritorni sempre più improbabili».

I numeri del Rapporto, che come al solito non lasciano spazio all’immaginazione. Da gennaio a dicembre 2016, le iscrizioni all’AIRE per solo espatrio sono state 124.076 (+16.547 rispetto all’anno precedente, +15,4%), di cui il 55,5% (68.909) maschi. Il 62,4% sono celibi/nubili e il 31,4% coniugati/e. Oltre il 39% di chi ha lasciato l’Italia nell’ultimo anno ha un’età compresa tra i 18 e i 34 anni (oltre 9 mila in più rispetto all’anno precedente, +23,3%); un quarto tra i 35 e i 49 anni (quasi +3.500 in un anno, +12,5%).

Le partenze non sono individuali, ma di “famiglia” intendendo sia il nucleo familiare più ristretto, ovvero quello che comprende i minori (oltre il 20%, di cui il 12,9% ha meno di 10 anni) sia la famiglia “allargata”, quella cioè in cui i genitori – ormai oltre la soglia dei 65 anni – diventano “accompagnatori e sostenitori” del progetto migratorio dei figli (il 5,2% del totale). A questi si aggiunga il 9,7% di chi ha tra i 50 e i 64 anni, i tanti “disoccupati senza speranza” come tristemente vengono definiti nel Rapporto, «noti alle cronache del nostro Paese poiché rimasti senza lavoro in Italia e con enormi difficoltà di riuscire a trovare alternative occupazionali concrete per continuare a mantenere la propria famiglia e il proprio regime di vita». Le donne sono meno numerose in tutte le classi di età ad esclusione di quella degli over 85 anni (358 donne rispetto a 222 uomini): si tratta soprattutto di vedove che rispondono alla speranza di vita più lunga delle donne in generale rispetto agli uomini.

Il continente prioritariamente scelto da chi ha spostato la propria residenza fuori dell’Italia nel corso del 2016 è stato quello europeo, seguito dall’America Settentrionale. Il Regno Unito, con 24.771 iscritti, registra un primato assoluto tra tutte le destinazioni, seguito dalla Germania (19.178), dalla Svizzera (11.759), dalla Francia (11.108), dal Brasile (6.829) e dagli Stati Uniti (5.939). La Lombardia, con quasi 23 mila partenze, si conferma la prima regione da cui gli italiani hanno lasciato l’Italia alla volta dell’estero, seguita dal Veneto (11.611), dalla Sicilia (11.501), dal Lazio (11.114) e dal Piemonte (9.022). Il Friuli Venezia Giulia è l’unica regione con meno partenze: (-300 friulani, -7,3%). In generale gli italiani sono partiti da 110 territori verso 194 destinazioni diverse nel mondo. A livello provinciale le partenze dell’ultimo anno, registrano, accanto alle grandi e popolose metropoli italiane quali Roma, Milano, Torino e Napoli, contesti locali minori come la città di Brescia (oltre tremila partenze). Nuova entrata, ultima tra le prime 10 province, Varese (2.289 partenze nell’ultimo anno).

(fonte: Fondazione Migrantes)

 

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